Il 2014 verrà tristemente ricordato come l’annus horribilis dell’olio italiano: all’eccezionale ondata di maltempo (calore all’inizio dell’estate e poi piogge incessanti, con addirittura tempeste di grandine a fine stagione) si è infatti aggiunta quella che senza enfasi è stata paragonata ad una terribile piaga biblica, ovvero la famigerata mosca killer che in pochi mesi ha distrutto gran parte degli uliveti pugliesi, facendo strage di quasi il 50% della produzione regionale.
L’urlo di dolore si leva in particolare dal Salento dove oltre un milione di ulivi sterminati danno un quadro davvero catastrofico del fenomeno. Importata dal centro America, la xylella fastidiosa è un batterio letale, che non lascia scampo agli ulivi: si nutre della pianta fino a prosciugarla completamente. E’ veicolato da una cicala “sputacchina” altamente infestante, si riproduce velocemente (in Puglia è già arrivata alla quarta generazione) e muta di continuo, tanto che neppure gli esperti del CNR di Bari riescono a seguirne le metamorfosi genetiche.
Lo spettacolo che si mostra all’osservatore è desolante: l’insetto infatti, agendo sui canali che permettono alle piante di ricevere acqua, provoca la bruciatura delle foglie ed il totale dissecamento. La situazione è talmente disperata che è stata allertata addirittura la Protezione Civile, scesa in campo per rendere operativo un piano di disinfestazione in grado di fronteggiare l’emergenza. Il panico infatti dilaga tra gli agricoltori, sempre più preoccupati che la mosca olearia possa attaccare anche altre regioni (e nazioni, vedi la Francia che ha bloccato le importazioni agricole dalla Puglia) e persino altre specie di piante.
Il problema non sembra di facile soluzione, considerata la vastità della zona interessata dall’epidemia (il territorio che si estende da Brindisi a Lecce) e la criticità di alcune misure allo studio dei tecnici, come gli antiparassitari chimici e pesticidi, il classico rimedio peggiore del male. La buona notizia è rappresentata dall’efficacia testata sul campo di alcuni antichi rimedi come il rame, la calce, il caolino o il silicato capaci di inibire, o quantomeno rallentare, la maturazione delle uova e l’ovideposizione, oltre che produrre una certa mortalità negli stadi larvali più giovani.
Ma bisogna fare presto: l’abbattimento degli ulivi infetti, ordinato dalla stessa UE, sotto la minaccia di pesanti sanzioni, rischia di dare il colpo di grazia alla produzione di quello che, per le sue pregiate caratteristiche di qualità, è giustamente considerato il miglior olio evo dell’intera penisola, invidiato dagli altri Paesi esportatori (Spagna, Portogallo, Grecia) che subito hanno imposto l’embargo ai vivai salentini.
L’augurio è che i giganti secolari dalla chioma argentata che troneggiano nella campagna pugliese possano vincere questa cruciale battaglia ed il Salento, terra di eccellenze agroalimentari, riconquistare il primato che le spetta.