Cheffeuse e padrona di casa elegante e di gusto del rinnovato Antico Arco, risto-winebar di fronte all’Arco di San Pancrazio al Gianicolo, che da poco ha riaperto i battenti con un nuovo arredamento design e invitanti proposte dalla cucina.
Brevi cenni biografici
Sono romana con origini marchigiane. Dopo anni trascorsi come dirigente per un’azienda farmaceutica francese, ho deciso di cambiare vita. La mia grande passione era la cucina – mio nonno durante gli anni ‘30 e ‘40 è stato chef – e così ho frequentato un lungo corso tenuto da uno dei migliori cuochi italiani, Angelo Troiani, chef stellato Michelin che mi ha insegnato le basi della cucina, l’Abc per diventare una cheffeuse professionista.
Qual’ è stata la prima esperienza dopo il corso con Angelo Troiani?
Con il mio socio e manager di sala Domenico Caliò nel 1992 ho aperto il Bacaro, piccolo ristorante con soli 25 coperti in Via delle Coppelle. Era come una seconda casa dove cucinare e mangiare con gli amici. Dopo tre ani abbiamo deciso di cambiare, avevamo bisogno di ambienti più grandi soprattutto in cucina, per poterci esprimere meglio e diversamente. Così dopo un anno di pausa, nel 1996 abbiamo aperto l’Antico Arco che oggi è profondamente cambiato soprattutto negli arredi. Abbiamo deciso di dare più spazio al winebar e di realizzare una grande cucina a vista per migliorare il rapporto con i nostri clienti che così possono mangiare e guardare mentre lavoriamo per loro.
Cosa hai portato in cucina dal Bacaro all’Antico Arco?
Il risotto al Castelmagno, formaggio piemontese che ho conosciuto ed apprezzato durante i miei frequenti viaggi a Torino quando mi recavo lì per le riunioni con l’azienda farmaceutica per cui lavoravo. Nonostante sia un po’ duro, è un formaggio che ben si scioglie nel risotto.
Quali sono le linee fondamentali della tua cucina.
La mia è una cucina spiccatamente italiana, creativa, con qualche piatto regionale rivisitato come gli spaghetti cacio e pepe con i fiori di zucca o il guazzetto alla amatriciana. Tento anche incursioni avvincenti come la wok di verdure e sto studiano un piatto particolare che ruota intorno al filetto di manzo Kobe (leggendaria prelibatezza giapponese; per essere chiamato Kobe, il manzo deve essere della razza Wagyu e allevato a Kobe, in Giappone, secondo rigorosi criteri di produzione NDR)
Come vedi la ristorazione a Roma.
Da quando lavoro come cheffeuse il mondo della ristorazione romano è cambiato molto, anche perché sono aumentate e cresciute qualitativamente le riviste e le guide enogastronomiche che, proprio per la loro missione, inevitabilmente giudicano in positivo e in negativo il nostro lavoro. Così tutti noi operatori abbiamo migliorato il nostro lavoro. Noi siamo giudicati bene dalle guide ma lavoriamo molto anche con il passaparola. Notiamo sempre i clienti che vengono da fuori Roma con la fotocopia del biglietto da visita e, accanto, i nomi dei piatti consigliati dai loro amici, da mangiare assolutamente. Questo ci riempie di gioia.
Puoi suggerire ai lettori di AROMA un menu tipo per la primavera?
Volentieri suggerisco come antipasto il tegamino di filo pasta con punte d’asparago e rosso d’uovo, per passare ad un primo piatto come i tagliolini con la bisque di crostacei e julienne di carciofi. Il secondo? Il filetto di baccalà islandese alla griglia servito con wok di verdure con porri, carote, finocchi e peperoni. Per concludere dolcemente con il semifreddo lime e champagne.
Nel rinnovato Antico Arco avete lasciato più spazio alla zona winebar. Quali sono oltre all’arredamento le novità nella proposta gastronomica?
Come start di benvenuto o come semplice appetizer offriremo anche la pizza bianca sfornata fresca dall’Antico Forno Roscioli da abbinare con la mortadella Pasquini, prodotta ancora oggi artigianalmente a Bologna, e un flute di champagne. Una piccola provocazione golosa tra un “solido” popolare e romano e un “liquido” raffinato e nobile tipicamente francese. Per quanto riguarda la lista dei vini, da stappare anche al winebar, contiamo 1200 etichette con vecchie annate italiane ed internazionali. Tra queste non mancano il classico Brunello di Montalcino e i nuovi vitigni neozelandesi.
(pubblicato su Aroma di marzo/aprile 2007)