Praticamente ignorata dalla gastronomia (ma a torto, perché le sue carni, anche se un po’ dure e gommose, sono un vero concentrato di mare), la patella è un mollusco ad una sola valva (gasteropode), provvisto di un grosso piede a ventosa che si fissa sulla roccia con la forza adesiva del cemento. La specie più diffusa è la Patella coerulea con una conchiglia a cono, base molto larga e apice aguzzo, che negli esemplari più grandi può apparire arrotondato a causa dell’erosione provocata dal moto ondoso. Il mollusco, dotato di notevoli capacità mimetiche, risulta difficile da individuare sullo scoglio, di cui assume la stessa colorazione.
La patella vive quasi sempre nella zona di marea, quindi resta all’asciutto nelle fasi di bassa marea, per poi venire sommersa quando il livello del mare risale nuovamente. Nei periodi di bassa marea con l’orlo della sua conchiglia aderisce alla roccia così perfettamente da conservare acqua all’interno della conchiglia e riuscire a sopravvivere fino a che la marea non sarà di nuovo alta. Quando è immerso il mollusco compie addirittura dei piccoli spostamenti, per “cacciare” minuscole alghe di cui è ghiotto.
Per raccogliere la patella occorre un coltello dalla lama sottile, che va infilata subito sotto la conchiglia, possibilmente quando la marea è alta ed il mollusco allenta un po’ la presa muscolare. Una volta pescata, si toglie il disco dal suo guscio, si pulisce la polpa delle interiora (la qualità gialla è la migliore) e si consuma cruda o cotta (intera o sminuzzata) in una salsa con aglio, peperoncino, vino bianco e prezzemolo per condire la pasta, meglio se secca, tipo spaghetti o linguine.
Spesso in questo sugo la patella va in coppia con la murice, sconciglio o grunscio (da non confondere con la lumachina di mare o marruzzella da consumarsi in zuppa o rossa, in umido, con il tipico stecchino che serve per estrarla dal guscio), dotata di conchiglia dal colore giallo o grigio, provvista di spine e di forma allungata. Presenta una larga apertura che viene chiusa da un opercolo corneo quando l’animale che vive all’interno si ritrae completamente. Anche le sue carni, sebbene un po’ coriacee, sono pura essenza di mare.
Una prelibatezza esclusiva della cucina veneta (non a caso chiamata eloquentemente anche “pepita veneziana”) è invece la moeca o “granchio molle”, che vive solo in zona lagunare. Si tratta di un granchio in fase di muta che, liberandosi del carapace, si presenta così tenero da poter essere mangiato senza difficoltà. La pesca delle moeche, concentrata in due periodi dell’anno (da fine gennaio a fine maggio e da fine settembre a fine novembre, ossia quando i granchi cambiano la corazza) è affidata a esperti pescatori, molto abili nel distinguerli dalle mazanete, ovvero le femmine in periodo riproduttivo provviste di esoscheletro duro che si consumano in estate (quando cioè hanno tanto corallo), principalmente lesse o condite con aglio, olio e prezzemolo mentre le moeche si mangiano fritte.
Qui di seguito la “crudele” ricetta originale veneziana, per buongustai dal cuore di pietra: sbattere delle uova intere con un pizzico di sale. Immergervi le moeche vive ed attendere che abbiano assorbito tutto l’uovo. Infarinare e friggere le moeche in una padella di ferro colma di olio d’oliva bollente. Disporre su un foglio di carta assorbente, salare e servire.
La ricetta: [RIF:1464|_self|]Spaghetti con le patelle[/RIF]
(pubblicato su Aroma di maggio/giugno 2010)