Questo luogo incantato, sospeso fra la realtà ed il sogno, racconta di antiche storie e leggende: gli Etruschi vi edificarono il porto di Alsium, che insieme a quello di Caere, oggi Santa Marinella, e Punicum, l’attuale Santa Severa, costituivano l’accesso al mare di Cerveteri. I Romani elessero queste terre a luoghi di vacanze e otium se è vero, come afferma Cicerone, che qui possedevano splendide ville Giulio Cesare e Pompeo.
Il Castrum Pali medievale di cui si ha notizia divenne un poderoso maniero posseduto, dopo alterne vicissitudini, dalla nobile famiglia Odescalchi, che tutt’oggi ne vanta la proprietà. Il castello subì nel tempo numerose trasformazioni, tra le quali la costruzione di un edificio annesso (1640) destinato ad accogliere i viaggiatori che percorrevano la via Aurelia. In seguito fu adibito a dogana e stazione di posta pontificia, da cui il suo nome La Posta Vecchia. Nel 1918 l’edificio venne trasformato in una sontuosa villa, “scrigno di tesori d’arte d’ogni epoca”, di cui negli anni ’60 si innamorò il magnate e collezionista d’arte John Paul Getty, che ne portò avanti l’acquisto, avviando profondi lavori di ristrutturazione culminati nella scoperta, sotto il piano centrale della Villa, dei resti di una Domus del II secolo a.C.. Nel 1992, l’attuale proprietario, Roberto Scio, rilevò La Posta Vecchia riportandola alle sue origini di dimora elegante ed esclusiva, circondata da un meraviglioso giardino mediterraneo affacciato sul mare, con magnifico panorama della costa laziale. “Per tutti gli ospiti la sensazione di essere stati invitati in una residenza nobiliare privata”, per dirla con la Guida Michelin, che attribuisce al ristorante The Cesar 1 stella. Qui si esprime, coadiuvato dal sous chef Antonio Magliulo e dal pasticcere Francesco Martella, il giovane talentuoso chef Michele Gioia, fuoriclasse di un limpido stile Mediterraneo, che coniuga levità e sapidità.
Caro Michele, lei ha lavorato con alcuni dei più illustri esponenti della moderna cucina italiana: Gaetano Trovato, Sergio Mei, Mauro Uliassi, Enrico Derfllingher, Pietro Leeman e tanti altri… Quali sono i fondamentali da lei acquisiti in queste esperienze?
Lavorando al fianco dei grandi maestri, senza escludere nessuno, ho potuto acquisire un cospicuo bagaglio umano e professionale. Diciamo che oggi lo chef Michele Gioia è la sintesi di queste esperienze, dallo chef Sergio Mei ho appreso l’importanza della cucina tradizionale ed il carisma nel ricavare il meglio dai collaboratori, con Gaetano Trovato ho imparato l’importanza della qualità dei prodotti e il piacere di proporre piatti della tradizione, opportunamente rivisitati. Da Mauro Uliassi il saper trasmettere ai collaboratori la propria filosofia di cucina, la lavorazione del pesce ed alcuni abbinamenti, da Enrico Derflingher a gestire un ristorante stellato nel contesto di un albergo di lusso, da Pietro Leeman i fondamentali dell’alta cucina naturale e vegetale, unica nel suo genere, da Vincenzo Camerucci ho appreso molto sull’organizzazione, la lavorazione del pesce e lo spirito di sacrificio, da Stefano Di Salvo l’ordine, la pulizia e la valenza della cucina mediterranea, da Antonio Guida ho imparato molto sulle tecniche francesi e la lavorazione delle carni. Ergo: oggi la mia filosofia culinaria deriva dalla sintesi di una cucina mediterranea realizzata con tecniche francesi.
“La sontuosità della sala (e la bellezza della terrazza affacciata sul mare ndr) rivaleggia con una cucina sapida e sofisticata: piatti mediterranei rivisitati in chiave moderna e preparati in gran parte con prodotti biologici dell’orto dell’hotel”. Si ritrova in questa definizione di cucina (dalla guida Michelin) e quanto conta una location d’eccezione come quella del Cesar ed un servizio di rango nella riuscita dell’esperienza gastronomica?
Sì, mi ritrovo molto nella definizione della Guida Michelin, con poche parole descrive al meglio la realtà del nostro ristorante. Secondo me attualmente ci sono in circolazione molti chef di livello, penso però che per raggiungere dei buoni risultati siano importanti non solo il talento, ma anche la location, il servizio e il giusto supporto della Direzione e della Proprietà, a mio avviso componenti altrettanto fondamentali per il successo.
Può raccontarci di qualche nuovo piatto inserito nel menù? Ed un classico della sua linea sempre presente in carta, che identifichi il suo stile culinario?
Noi cambiamo molto spesso il menù, per seguire al meglio la stagionalità dei prodotti e soprattutto per sfruttare al massimo le loro caratteristiche intrinseche legate alla naturalità. Ecco due piatti della linea classica: carciofo fondente, ricotta di Bracciano e crema di crescione, piatto tipicamente primaverile, che utilizza i carciofi coltivati nel nostro orto. Gamberi di Sicilia, foie gras, crema di fragole e semi di cacao (piatto esemplare del mio stile di cucina). Tre nuovi piatti proposti da questa stagione 2010: cappesante, animelle, patate e salsa di pistacchio di Bronte, sogliola, canocchie e crema di topinambur alla vaniglia, cappello del prete farcito di caciofiore “di Columella” e soffice di patate.
E a proposito dell’orto in casa, dal quale tanti grandi chef, da Antonello Colonna a Alfonso Iaccarino attingono i profumati ingredienti delle loro ricette…
Per uno chef avere un orto a disposizione è motivo di grande soddisfazione, grazie all’opportunità di utilizzo di prodotti coltivati direttamente “in casa”. Un orto come quello de La Posta Vecchia, che raggiunge quasi un ettaro di estensione, è un vero regalo per me. A conferma della sua importanza, abbiamo in corso un progetto di ampliamento previsto per la prossima stagione.
Una qualità che apprezza particolarmente in un collega. E quali sono gli chef a cui guarda con maggiore interesse?
Le qualità che apprezzo molto nei miei colleghi sono la lealtà, l’umiltà e la disponibilità verso il prossimo, in generale guardo con interesse a tutti coloro che svolgono questo lavoro per passione e con amore ed ogni giorno cercano di dare sempre il meglio di loro stessi.
Come valuta in generale lo stato di salute della cucina in Italia? E a Roma?
La cucina italiana secondo me sta crescendo, ma il suo successo dipende molto anche dalla nostra cultura gastronomica, per fare un esempio in Francia anche un semplice operaio almeno una volta all’anno va con la propria famiglia a vivere un’esperienza gastronomica in un ristorante stellato, cosa che invece in Italia non accade. La cucina romana secondo me è ottima ma forse oggi avrebbe bisogno di qualche piccolo accorgimento per renderla più leggera ed elegante.
Cosa consiglia ad un giovane alle prime armi?
Fare più esperienze possibili, non perdere mai l’umiltà, cosa fondamentale per l’evoluzione professionale in questo lavoro, provare uno stage all’estero per apprendere la lingua inglese, ormai divenuta indispensabile per una società sempre più multietnica.
Da novembre a marzo Il Cesar e tutto il complesso alberghiero restano chiusi per poi riaprire i battenti in primavera. Come trascorre i mesi invernali? Quali sono le sue passioni, oltre alle pentole e fornelli?
Da quest’anno saremo aperti fino al 10 gennaio 2011, chiudendo la stagione solo dopo il Natale Ortodosso. Nel periodo di chiusura sono impegnato con stages in ristoranti stellati, organizzazione su richiesta di cene in ville private, preparazione della stagione successiva, viaggi e letture.
Se non avesse fatto lo chef sarebbe stato un… Falegname o contadino, comunque un artigiano.
(pubblicato su Aroma di luglio/agosto 2010)