L’apis mellifera, conosciuta comunemente come ape, presente sulla terra da circa quindici milioni di anni, deve il suo nome alla credenza che portasse il miele dai fiori al favo. Solo più tardi si scoprì che erano le api a produrlo.
Considerato come cibo degli dèi in molte civiltà, il miele è stato per secoli l’unico prodotto dolcificante. Apprezzato dall’uomo primitivo che depredava gli alveari selvatici, fu valorizzato e sfruttato sin dalle prime civiltà. Gli Egizi discendevano il Nilo carichi di arnie, per favorire la raccolta del nettare dalle fioriture dopo le piene del sacro fiume. I Sumeri lo utilizzavano nei preparati cosmetici e farmacologici ed i Greci lo offrivano alle divinità nei riti sacrificali. Mescolato con acqua e fermentato, dava origine ad una bevanda alcolica: l’idromiele, diffusa soprattutto fra i popoli nordici (una curiosità: i cavalieri greci lo davano ai propri cavalli come dopante).
Nelle Sacre Scritture il miele è indicato come simbolo di dolcezza, giustizia, virtù e bontà divina e nel Corano si dice che il miele è il primo dono che Dio fece alla terra. Gli antichi Romani ne facevano largo uso, e lo importavano anche dai paesi limitrofi. Il miele non era solo la base di molte pietanze e dolci, ma veniva soprattutto miscelato con il vino, per renderlo più gradevole. Nel Medioevo e nel Rinascimento divenne anche condimento per pietanze. Per le capacità di conservazione naturale e perché “addolcendo” rendeva commestibili ed accettabili le pietanze stesse.
L’introduzione dello zucchero industriale in Occidente verso la fine dell’800 portò ad una sensibile diminuzione dell’utilizzo del miele. Ciò non avvenne invece nei paesi asiatici, ove sino ad oggi il miele rimane elemento base per la preparazione di numerose vivande, essenzialmente dolciumi, e per la marinatura di carne e pesce.
Attualmente, nonostante l’apicoltura nazionale ed internazionale stia attraversando una fase critica a causa della morìa delle api dovuta ai prodotti neonicotinoidi utilizzati nella concia delle sementi, all’inquinamento e all’antropizzazione dei territori, l’ascesa di questo prezioso alimento continua sulle tavole e nelle cucine grazie alla valorizzazione operata dai grandi ed estrosi chef. Oltre al classico impiego in pasticceria (il miele dona maggiore sofficità al prodotto finale), l’alimento biondo si accompagna gradevolmente a pietanze salate intensificandone il gusto. D’altronde l’accostamento di cibi all’insegna dell’agrodolce risede già nella nostra tradizione culinaria. È ormai di largo consumo il tagliere di formaggi e miele, dove l’associazione è particolarmente riuscita con i formaggi piccanti (caciocavalli, pecorini e caprini, ma è ottimale anche con la ricotta). Apprezzatissime le salse a base di miele, da utilizzare per arricchire arrosti e bolliti o per donare quel pizzico di agrodolce, ma se ne fa largo uso anche per la marinatura di pietanze.
In ambito dolciario il miele non è però solo dolcificante, ma può diventare un vero e proprio strumento di peculiarità ed innovazione tecnica. Dato che ogni miele ha le proprie caratteristiche, esso deve esser adattato ed abbinato con meticolosità dal pasticcere. Tutto dipende dalla quantità, dai tempi di cottura e dalla temperatura del forno. Per ogni dolce il suo miele, la sua cottura e la sua temperatura…
Dal dolce passiamo al salato ed addentriamoci nelle fantasie culinarie che gli chef hanno creato. Emanuele Scarello, chef friulano molto legato alla tradizione del suo territorio, porta a tavola un gustoso cervo marinato al miele servito con puré di sedano, rapa ed una mostarda di rosa canina con aceto. Corrado Assenza, chef siciliano, amante del connubio terra e mare, sceglie mieli monofloreali aromatizzati con spezie, erbe e frutta per marinare una freschissima triglia, un miele aromatizzato con zafferano per marinare dei gamberi e mieli d’arancia per marinare e cuocere dentici e sgombri.
La fantasiosa chef danese René Redzepiha ha ideato un piatto alquanto stravagante. Un puré di patate gialle speziato con cenere, servite su una pietra con dadi passati nel vino al miele, ricreando così la sensazione di un campo di patate appena arato. Stefano Tosi, giovane chef di spicco della squadra olimpionica italiana di cuochi, e Gudrun Ressi, chef della Carinzia, che promuove da anni nel suo ristorante ricette legate alla tradizione culinaria del miele, si sono destreggiati nel preparare un menù per la presentazione ufficiale del “Melitites”, il primo vino italiano al miele da accompagnare al dessert. Sulla tavola, il cuoco italiano e la chef austriaca hanno esposto un prosciutto e speck al miele seguito da una pasta ripiena di lavarello con miele millefiori, maiale arrosto con crosta al miele e contorno di verdure con dressing di miele d’acacia.
Al trionfo del nettare in cucina hanno contribuito in questi ultimi anni anche numerose manifestazioni, sagre e feste locali, dove il miele appunto è diventato protagonista della tavola e del menù, riabilitando anche tradizionali ricette italiane ormai dimenticate. Rinomata ormai l’annuale “Settimana del miele di Montalcino” dove grandi chef si incontrano ed imbandiscono tavole con fantasiose leccornie, tutte rigorosamente preparate con l’utilizzo del giusto miele. Per citarne alcune: mazzancolle cotte al vapore alle erbe aromatiche con fegato grasso e riduzione di balsamico con miele d’acacia; sformatino di baccalà mantecato, chips di patate al pepe ed emulsione di aglio con miele di Sulla; caramelle di pasta kamut su crema di pecorino con pistacchi di Bronte e tartufi neri con miele di castagno; filetto di tonno steccato ai gamberi e salsa al vino con miele di Corbezzolo; cinghiale in dolceforte e polentina all’uvetta con miele di Erica e tanto altro. Una proposta che si differenzia ogni anno, ma che ha come regola inderogabile l’utilizzo del miele come ingrediente base.
Ciò che conta infatti è che, data la infinita gamma di sensazioni offerta dai nettari dei fiori, ognuna con le proprie caratteristiche organolettiche e fisico-chimiche, la dose, il tempo, la temperatura di cottura, ma soprattutto il tipo di miele scelto devono essere scelti con sapienza. Ad esempio, il miele d’acacia dona sapidità, quello d’arancia è ottimo per condire le insalate, quello di Rododendro ha aromi freschi ed erbacei, quello di tiglio accompagna cocktail con gin; ma in generale i mieli speziati si accostano meglio a piatti autunnali, mentre quelli dolci e freschi a piatti estivi.
(pubblicato su Aroma di luglio/agosto 2009)