Una collezione di pittori impressionisti ed una selezione di formaggi francesi abbinati ad ottimi vini d’Oltralpe, una personale di un famoso artista giapponese ed un delicato menù a base di sushi.

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 Oramai il binomio arte-cucina è più che consolidato, un’accoppiata vincente che riesce a riempire le sale dei musei e i loro spazi di ristorazione. L’idea di sposare quadri, sculture, oggetti design e via dicendo con piatti prelibati nasce dal concetto che anche questi ultimi possono essere espressione di ingegno, frutto dell’ispirazione, della capacità manuale ed intuitiva di grandi chef che si cimentano in fantasiosi menù spesso in tema con le esposizioni allestite. Quando poi gli ambienti ove degustare dette squisitezze sono realizzati da architetti celebri e gli arredi e suppellettili sono firmati da designer di grido, il cerchio si chiude nella sua perfezione.

Ecco allora che un crescente numero di strutture museali ha allestito punti di ristoro, lussuosi ristoranti o caffetterie fashion rendendo così più piacevole le visite ai luoghi sacri dell’arte. Le origini di questo trend, espressione di un’azione di marketing di successo, sono da ricercare al di là dei nostri confini. Da Avignone, all’interno del Palazzo dei Papi, a Lille, nel Palazzo delle Belle Arti, a Sant’Etienne nel suo famoso Museo d’Arte Moderna, è tutto un susseguirsi di splendide realtà culinarie incastonate fra tele, statue e altre opere d’arte. Nel 2008 è stato inaugurato a Parigi il Centquatre, nel 19º arrondissement, 39.000 mq dedicati alla produzione artistica nazionale e internazionale di arte contemporanea (incluse residenze permanenti per artisti) dove alla ristorazione è riservato un posto di primo piano alla stregua delle opere esposte. Alain Ducasse, top chef ora coadiuvato da un giovane brillante, Pascal Féraud, orchestra il Jules Vernes, ristorante del secondo piano (125 mt di altezza) della Torre Eiffel con diversi menù affiancabili a oltre 400 referenze vinicole che spaziano tra Borgogna, Bordeaux e la regione del Rodano. Infine, e non certamente ultimo per importanza, il Georges, ristorante allestito all’ultimo piano del Centro Pompidou.

A Barcellona svetta invece Oleum, il nuovo ristorante del Museo Nazionale di Arte Catalana. Pensato da Gae Aulenti, Oleum sciorina un menù attento alla tradizione locale (riso “brodoso” con ricci e capesante), ma strizza l’occhio anche alle mode internazionali orientaleggianti (tataki di tonno con gratin di soia in crosta di sesamo e verdure thai). Dopo aver ammirato le opere di autori di questa nuova scuola d’arte, che si esprime in quadri e sculture ma anche con mobili unici e oggetti come lampade e maniglie per le porte, si può organizzare una colazione di lavoro o una cena per gruppi gourmet.

Il virtuoso chef Josean Martínez Alija, si esprime invece al Guggenheim di Bilbao. Questa meraviglia architettonica è definita crocevia tra l’arte moderna e preziosi sapori.
I fortunati avventori possono infatti deliziare gusto e vista poiché qui, oltre alla sostanza, l’elemento estetico risulta imprescindibile. Pochi antipasti e tre piatti principali di carne e altrettanti di pesce. Menù in apparenza scarno ma assolutamente di altissimo livello. Di questo trend internazionale fanno parte anche il Tate Restaurant, ristorante dell’omonimo museo, definito uno dei ritrovi londinesi più “in” del venerdì sera, la Sala del Pavone dove si siedono gli affamati di cultura dell’Hermitage e il ristorante del MoMa, dove lo Chef Gabriel Kreuther accresce lustro al già rinomato centro museale.

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Ma all’interno delle nostre frontiere cosa succede? Come non parlare del Combal.Zero ubicato in un’ala del Castello di Rivoli, sede di uno dei più attivi musei italiani di arte contemporanea? Posizione dominante su Torino e dintorni, design moderno con grandi vetrate che fanno da pareti su un panorama mozzafiato, cucina raffinatissima. Lo chef Davide Scabin si sbizzarrisce con piatti definibili senza ombra di dubbio anch’essi delle opere d’arte. Profumi, sapori, giochi cromatici unici abbinati a vini nazionali o internazionali superlativi proposti da Giulia Tavolaro, Sommelier di comprovata esperienza. Il locale è premiato dalla Michelin con 2 stelle, per la guida dell’Espresso è il migliore ristorante del Piemonte e per il Gambero vale Tre Forchette.
Che dire poi dell’emozione che si può provare a Firenze, mangiando alla Caffetteria degli Uffizi con Palazzo Vecchio talmente vicino da avere l’impressione di poterlo toccare con un dito?
A Roma si annoverano ristoranti di rango come l’Open gestito dallo chef Antonello Colonna, ubicato nello spazio della Serra creato dall’Architetto Paolo Desideri, il quale ha voluto esprimere il concetto della trasformazione sfruttando un elemento naturale: la luce. Di giorno la trasparenza dei materiali offre inedite possibilità percettive, mentre di sera il prisma smaterializzato diventa una “lanterna urbana”. In quello che è stato definito un habitat mentale in moto perpetuo, ci si può deliziare con una cucina dove la romanità trionfa sposandosi con il gusto contemporaneo e l’internazionalità nella riscoperta di profumi e sapori antichi, ma in chiave innovativa.

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Il MAXXI21 invece, presso l’omonimo Museo d’Arte Moderna, è frutto della creatività della famosa architetta iraniana Zaha Hadid che ha voluto mantenere le strutture originarie trasformandole in luoghi di incontro dove vivere l’arte a 360° anche stando seduti davanti a un piatto di pasta. La proposta gastronomica elaborata dallo chef del MAXXI21 si fonda su due principi essenziali: “km zero, principio dettato dall’esigenza di ritornare alla tradizione, alla semplicità nel totale rispetto dell’ambiente e quindi all’utilizzo di prodotti tipici di Roma e della campagna laziale, con una particolare attenzione alla stagionalità degli stessi, e “Calorie zero”, in base al quale è stata creata un’apposita carta con piatti che non superino le 250 Kcal pensata per tutti coloro che desiderano ritrovare la stessa “leggerezza” di una cucina casalinga.

Nel quartiere Nomentano troviamo un’altra piacevole realtà, quella del MACRO 138, ristorante biologico e biodinamico del Museo di Arte Contemporanea di via Nizza, sorto sulle ceneri dell’ex fabbrica della Peroni su progettazione dell’architetta francese Odile Decq. In questa struttura ultramoderna in cui trionfano il rosso, il nero, il vetro e l’acciaio, le grandi vetrate e la terrazza, perfetta per il mite clima romano, regna lo chef Marco Milani. Menù diverso ogni mese in base alla stagionalità, ricco buffet a pranzo e a cena solo prodotti laziali biologici.

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Roma, nella sua poliedricità, offre la possibilità di vivere diverse esperienze artistico-gastronomiche come quella, molto originale, che si può vivere al ristorante dell’Atelier Canova Tadolini, già studio del grande maestro Antonio Canova e dei suoi allievi che hanno lasciato in eredità numerosissime opere di diverse dimensioni (da piccoli busti ad opere alte due metri e oltre), in bella mostra in quello che oggi è considerato un punto di ritrovo chic in via del Babuino, dove si è passati dagli “Apero Time” al vero e proprio ristorante. Tra le proposte gastronomiche primeggiano il carpaccio di ricciola agli agrumi ed erba cipollina, i polipetti con polenta, le paste fatte a mano per ravioli al limone con ricciola e pachino, i tonnarelli con moscardini e carciofi, il risotto alla milanese con straccetti d’anatra al vino rosso.
All’Auditorium Parco della Musica, realizzato da Renzo Piano, la ristorazione si declina nello spazio del ReD (Restaurant e Design), arricchito con arredi di design unici come l’imponente divano Victoria and Albert o la lampada di Castellani&Smith e con due professionisti, Davide Lombardi, chef, ed Enrico Scaduto, brillante sommelier. L’uno propone piatti tradizionali e semplici rivisitati in versione moderna e fantasiosa, l’altro cura una cantina di circa un centinaio di etichette in prevalenza laziali e comunque in ambito nazionale toccando ogni regione italiana. Se poi di domenica mattina ci si trova a passeggiare dalle parti di piazza Navona, vale la pena allungare il passo fino al Chiostro del Bramante dove si può degustare un sostanzioso brunch nella Caffetteria-Bistrot. Ambienti affascinanti per il loro equilibrio tra il classico e il moderno con una chicca imperdibile: la Sala delle Sibille dalla quale, grazie ad un’apertura a vetri, si può ammirare l’affresco delle Sibille di Raffaello, custodito nella Chiesa di Santa Maria della Pace.
Ultimo, ma non certo per importanza, il Caffè delle Arti alla GNAM (acronimo dall’effetto assai “goloso”) ovvero la Galleria Nazionale di Arte Moderna, ubicato in un’ala dell’edificio monumentale nel cuore dei Parioli. Qui, in una location davvero superba, si può fare sosta per un tè, un aperitivo o uno stuzzicchino nella Caffetteria dagli alti soffitti, gli stucchi, le dorature di eleganza liberty o sulla terrazza circondata dal verde. Impossibile non lasciarsi tentare dalla ricca proposta culinaria, di timbrica mediterranea, con alcuni piatti degni di nota: parmigiana di melanzane, strozzapreti con gamberi, zucchine e rucola, spaghetti con le telline, bocconcini di pollo, gelati di Pizzo Calabro… Ovvero cibo, più prosaico, per il palato dopo aver “nutrito” la mente e lo spirito con le opere di artisti del calibro di Klimt e Guttuso, Mondrian e Duchamp, Pollock e Burri, in esposizione nelle sale alte e luminose della Galleria appena riaperta al pubblico dopo un profondo restyling.

di Elisa Santurri
(pubblicato su AROMA Gennaio/Febbraio 2012)