Il sequel dedicato al quartetto più affiatato della Marvel si sta rivelando negli Usa un flop colossale gettando nello sconforto i produttori che hanno investito nel megafilm cifre stellari… ma se a Hollywood si piange a Roma al contrario si continua a (sor)ridere o almeno ci si consola di fronte ai 4 piatti di pasta più celebrati della tradizione, quelli così tipicamente romani che da soli valgono una visita alla città, al pari del Colosseo o della fontana di Trevi, peraltro ancora inagibile dopo un interminabile lavoro di restauro. Senza voler sembrare irriverenti nei confronti dei monumenti storici della Capitale, il pensiero goloso va al poker di piatti sempre vincente sulla buona tavola di Roma: in ordine alfabetico (per non fare torto a nessuno di loro, egualmente sfiziosi): amatriciana, cacio e pepe, carbonara e gricia.
La prima nasce nella cittadina omonima in provincia di Rieti, Amatrice appunto, ma è Roma la sua città d’adozione, dove ogni giorno si scolano quintali di spaghetti (meglio ancora bucatini o rigatoni) conditi con uno speciale sugo a base di pomodoro, rigorosamente guanciale (no pancetta, eresia!), olio, aglio e formaggio pecorino. Questa la ricetta dei puristi più ortodossi, in realtà esistono anche altre varianti che vedono l’aggiunta di cipolla e/o peperoncino. La curiosità: all’amatriciana è stato dedicato addirittura un francobollo della Repubblica Italiana del 2009.
Il cacio e pepe ha bisogno di poche presentazioni, essendo uno dei piatti più rappresentativi ed apprezzati dell’intero repertorio romano e laziale. Anch’esso ha in comune con gli altri la matrice rurale e contadina, la potenza nutritiva e l’abbondanza delle porzioni, destinate a soddisfare le esigenze energetiche del duro lavoro nei campi. Si tratta di un piatto tanto semplice quanto gustoso: solo acqua di cottura della pasta (meglio i vermicelli), mescolata a pepe e pecorino. Malgrado le apparenze è un piatto “tecnico” in quanto è difficile trovare il giusto dosaggio ed equilibrio degli ingredienti, capace di creare una cremina non troppo densa né eccessivamente liquida.
Altro primo piatto assai caratteristico è la carbonara, preparata anch’essa con ingredienti popolari nati dalla fatica del lavoro umano, ovvero uova, pancetta fritta, pecorino grattugiato. Sulle sue controverse origini esistono almeno un paio di versioni. Secondo la più accreditata il piatto sarebbe stato inventato dai carbonai: per realizzare la carbonella era necessario infatti sorvegliare la carbonaia per lungo tempo e quindi era indispensabile avere con sé viveri di facile reperibilità e conservazione. Un’ipotesi più suggestiva attribuisce invece il “copyright” della carbonara ai soldati americani di stanza in Italia durante la seconda guerra mondiale i quali, combinando tra loro gli ingredienti più familiari, spaghetti, uova e bacon, pare abbiano messo le basi della ricetta, evoluta poi per opera dei cuochi nostrani. Questa tesi trova conferma nella fama internazionale della carbonara, presente nel menù di ristoranti sparsi in tutto il mondo. Il tipo di pasta ottimale continua ad essere lo spaghetto, ma la carbonara si sposa felicemente anche con i rigatoni o la pasta corta come le penne.
Ultima, ma non in ordine d’importanza, la gricia, ovvero l’antenata dell’amatriciana, essendo questa nient’altro che una versione “in bianco”, ossia senza pomodoro, consumata dai pastori prima dell’avvento in Europa della vermiglia bacca. Differiscono pure alcuni ingredienti base, prima di tutto lo strutto usato al posto dell’olio e il pepe nero, assente nella ricetta originale dell’amatriciana. Il nome deriverebbe da gricio, antico venditore di pane, o forse da un paesino dell’entroterra laziale, Grisciano, non lontano da Amatrice. Con questo genere di condimento il non plus ultra sono gli spaghetti, i bucatini, i tonnarelli e i rigatoni.