L’Accademia Italiana della Cucina ha recentemente condotto una ricerca sulla realtà che sta vivendo la gastronomia italiana all’estero, coinvolgendo 73 delegazioni in oltre 40 paesi: da Oriente a Occidente toccando le capitali più importanti, l’AIC racconta di come vengano mal interpretate e snaturate le nostre ricette, ma allo stesso tempo enfatizza quanto sia comunque radiosa, oggi, l’immagine della cucina italiana nel mondo, classificatasi prima della cucina cinese e dell’eterna rivale, quella francese. Il dato più preoccupante riguarda la crescita esponenziale della contraffazione delle nostre materie prime: dilagano il parmigiano tedesco, la mozzarella australiana, il Chianti cileno, i vari finti San Daniele. Le imitazioni del parmigiano reggiano e del grana padano (il famigerato “parmesan”) sono solo la punta dell’iceberg, nella lunga lista della “pirateria agroalimentare” compaiono infatti anche il pecorino romano prodotto nell’Illinois con latte di mucca anziché di pecora, la fontina danese e svedese, il gorgonzola statunitense o il Combozola tedesco, grossolana imitazione dell’italico formaggio con la goccia.
L’elenco tarocco comprende pancetta, coppa, “prosciutto Busseto” Made in California, ma anche falsi salami Toscano, Milano e addirittura, nonostante l’Unione Europea la tuteli come prodotto a denominazione d’origine, la soppressata calabra! E non mancano casi di imitazione tra i prodotti simbolo della dieta mediterranea come il Pompeian olive oil che non ha nulla a che fare con i famosi scavi, ma è prodotto nel Maryland, o l’olio Romulo diffuso in Spagna con la raffigurazione in etichetta di una lupa che allatta i gemelli capitolini. Tra i condimenti “modificati” risaltano i San Marzano, pomodori pelati “grown domestically in the Usa” e i pomodorini di collina cinesi. Anche il vino è coinvolto, con il Chianti clonato nella Napa Valley in California, o l’amaretto Venezia prodotto in Germania in una bottiglia la cui forma imita sfacciatamente quello di Saronno.
Secondo la ricerca non sono però solo le degenerazioni delle materie prime a tradire la cucina italiana ma anche la loro trasformazione, nel 60% dei casi infatti ad essere stravolte sono proprio le versioni autentiche delle ricette, inevitabilmente contraffatte dall’intervento di sedicenti e improvvisati chef. Questo, in parte, accade perché quasi la metà dei cuochi che cucinano cibo italiano all’estero non è di origine italiana e solo il 9% di questi ha seguito stages o tirocini nel Belpaese. Il piatto più tradito? davanti a tutti è la povera pizza, seguita dal tiramisù, le lasagne e la pasta al ragù. Se si ordina una Margherita a Londra, al tavolo arriverà una pizza con salsa di pomodoro ricoperta di un formaggio fuso non meglio identificato, su tutto un’impropria cascata di cipolla triturata!
Ma nel panorama delle degenerazioni culinarie c’è spazio anche per degli “ibridi”, frutto dell’azzardata unione tra sapori locali e tradizioni estere, come in Olanda, dove si trovano “le insalate di pasta” o il “pesce al forno col pesto”, o in Brasile, dove i piatti a base di carne o di pesce sono serviti con un contorno di pasta. Nei menu tipici appare sempre la fatidica fettuccina Alfredo; appena sbarcate a “Niuyorke” le fettuccine adorate da Douglas Fairbanks e Mary Pickford si sono attestate in tutti i menù oltreoceano irrimediabilmente immerse nel burro, con tanta panna e pochissimo vero parmigiano. Non sia mai che la papilla gustativa s’abitui alla delicatezza dei sapori mediterranei… E questo vale per tutti gli abusi di besciamella, aglio e cipolla. Passando per gli improbabili spaghetti alla Bolognese, i falsi ristoranti italiani propongono ai turisti una grande quantità di pietanze falsificate: la Coldiretti sottolinea che oltre i confini nazionali si stima che sia falso un piatto italiano su tre. E il fatturato dei prodotti Made in Italy taroccati supera i 50 miliardi di euro, quasi tre volte il valore delle esportazioni originali.
Gli Stati Uniti, invece, registrano un significativo retrofront negli accostamenti gastronomici. L’AIC del Virginia spiega che il piatto amorfo per eccellenza, gli spaghetti con le polpette (spaghetti meat-balls), si è quasi completamente estinto. Nonostante tutto, dalle conclusioni della ricerca dell’AIC emerge con forza intatta la tendenza che vede la cucina italiana all’estero efficace strumento di penetrazione dell’Italian Style a contrasto dell’espansione del “Chicken Alfredo” o del “Garlic Bread”. è un fatto di fondamentale importanza, considerando che va ad accostarsi al fenomeno che vede i grandi alberghi di tutto il mondo impegnati nell’opera di valorizzazione della cucina mediterranea nei paesi stranieri, imprescindibile dall’investimento nelle materie prime nostrane, da sempre rappresentative di stile, lusso e prestigio.