Il Chinotto è finalmente tornato, chiaro segno che il vintage ha un sapore moderno anche in tema di bevute, e nei bar ricomincia a spopolare, magari tra un match di ping-pong, flipper o calciobalilla.

La bevanda a base di agrume (non tutti lo sanno ma il chinotto è una pianta carica di fogliette verdi, il Citrus myrtifolia) nasce nel 1932 ad opera dei San Pellegrino ma è Pietro Neri a commercializzare il marchio dal 1949. Grazie a slogan celebri come “Se bevi Neri, Ne-ri bevi” e “Non è chinotto se non c’è l’8”, il chinotto, nonostante sia distribuito anche da Recoaro, si lega indissolubilmente alla famiglia Neri, in un processo di identificazione quasi simbiotico.

La Coca-Cola, regina planetaria del marketing formato bottiglia passato e presente, ha dunque un rivale di nicchia, squisitamente nostrano (la “Coca-Cola autarchica” è stato soprannominato) che si fa avanti, con le sue bolle ed il suo gusto inconfondibile, fino a ieri reperibile solo in quei bar di paese ormai in via di estinzione.

Navigando su www.chinotto.com ci si può iscrivere al “Club amici del chinotto” ed entrare così a far parte della comunità on line che raccoglie vecchie etichette, brochure, foto d’epoca e partecipare poi alle votazioni (organizzate con schede simili a quelle utilizzate per le elezioni politiche) per il miglior chinotto di sempre. A contendersi il gradino più alto del podio i marchi Lurisia, che utilizza il chinotto del presidio Slow Food di Savona, la Abbondio, nelle sue caratteristiche bottiglie con la biglia salva effervescenza, la Stappj, azienda che dal 1896 è specializzata nella produzione di bevande gasate, la San Pellegrino, oggi la maggiore produttrice con l’etichetta Chinò, e la storica Neri di Capranica (Viterbo).

In un’afosa giornata estiva stappiamo allora una bottiglia di chinotto ghiacciato e votiamo il migliore, sulle note nostalgiche, ma di nuovo attuali, di “Kinotto” degli Skiantos (1979): “Il chinotto è molto bello sale dritto nel cervello col suo gusto effervescente fa leggera la tua mente”…

(pubblicato su Aroma di luglio/agosto 2010)