Tra qualche mese quest’anno Roma soffierà su ben 2768 candeline, collocandosi con la sua venerabile età a pieno diritto tra le più antiche città superstiti della storia. Eppure esiste un vino che, sempre nel Lazio, può vantarsi di essere nato ancor prima della Città Eterna. Stiamo parlando del frutto di una vite antichissima che, nel territorio di Cerveteri, avvolto dall’aura del mistero etrusco, non nasconde invece le sue origini, le cui tracce hanno lasciato un solco profondo nella civiltà arrivata fino a noi. Già gli Etruschi prima dei Romani conquistatori erano dediti infatti alla coltura della vite, tra l’antica Caere e il Porto di Pyrgi, lungo le terre che collegavano la zona della necropoli etrusca al mare.
Nel Quattrocento il Casale Cento Corvi di proprietà degli Orsini ospitò per lungo tempo i braccianti addetti alla lavorazione del terreno, coltivato in prevalenza a vigneti. Ciò proprio quando Sante Lancerio, bottigliere di Papa Paolo III esaltava in una missiva indirizzata al Pontefice la qualità del vino di Cerveteri, pur consigliando di berlo subito sul posto, perchè particolarmente sensibile al trasporto. Il Casale divenne anche una frequentata stazione di posta fino a quando venne trasformato in azienda vinicola, oggi appartenente alla terza generazione della famiglia Collacciani. “La qualità è l’architrave su cui poggia la nostra intera produzione” spiega con piglio sicuro il giovane Costantino, che tracima entusiasmo e passione soprattutto quando si parla del “suo” Giacchè o Ciambrusco, un vitigno antichissimo che lui, ostinatamente, è riuscito a riportare in vita con risultati eccellenti (l’ambitissimo riconoscimento dei cinque grappoli a premiare questa straordinaria operazione di recupero).
Le caratteristiche del terreno tufaceo e la vicinanza con il mare si prestano d’altronde alla rivalutazione di prodotti locali e vitigni autoctoni, che nell’ambito di un’offerta di mercato appiattita sugli uvaggi internazionali, si propongono al contrario come risorse esclusive ed inalienabili del territorio. Oltre al Giacchè rosso (anche in versione passito disponibile in sole 800 preziosissime bottiglie annue), l’azienda, una delle realtà più dinamiche del Lazio in termini di ricerca e sperimentazione, è concentrata su una produzione media di circa 400.000 bottiglie (fermentazione in acciaio e affinamento in barriques francesi) comprendenti alcune etichette dal nome assai suggestivo ed emblematiche della storia che le caratterizza: Kottabos bianco e rosso (ovvero “il gioco del vino” degli Etruschi rispettivamente da Chardonnay e Trebbiano e Merlot e Sangiovese), Kantharos bianco e rosso (ovvero la coppiera del vino per gli Etruschi, da Sauvignon e Chardonnay e Merlot e Sirah), Zilath bianco e rosso (ovvero il nome dell’alto magistrato etrusco, da Trebbiano, Malvasia e Chardonnay e Montepulciano, Sangiovese e Carignano), senza dimenticare la grappa Kottabos, dal profumo intenso, che ricorda i sentori della frutta prodotta da secoli dalla terra cerite.
L’azienda, situata sul Km 45,5 della Via Aurelia, a poca distanza dalla necropoli eletta tre anni fa patrimonio dell’Unesco, è aperta al pubblico tutti i giorni per la vendita del vino, la degustazione accompagnata da prodotti tipici locali e le visite guidate alla struttura dove il vino viene prodotto proprio come migliaia di anni fa pur con l’ausilio delle più moderne tecnologie.
Casale Cento Corvi – Via Aurelia Km. 45,500 Tel. 069903902. Cerveteri (Roma) www.casalecentocorvi.com