Al pari di altre prelibatezze, tra cui ad esempio il tartufo, il caviale ed alcuni formaggi preziosi, la bottarga è così particolare ed intensa, per profumo e sapore, che puoi amarla oppure odiarla, senza mezze misure. Come tutti i prodotti conservati sotto sale, anche la bottarga ha origini antiche e poco nobili, altro non era infatti che cibo per pescatori e marinai costretti a sfamarsi con gli scarti che il mare offriva, in questo caso le uova di pesce, essiccate e salate. Oggi, al contrario di un tempo, la bottarga è considerata una materia pregiata e talvolta, per quanto riguarda alcuni pesci, addirittura introvabile. La sua tradizione risale a circa 3000 anni fa in Sardegna, dono dell’esperienza dei Fenici, al tempo colonizzatori. Popolo di navigatori, commercianti e pescatori, condivisero con le popolazioni nuragiche i segreti della salatura ed essiccazione delle uova di muggine, allora come oggi diffusi lungo tutte le coste sarde; non è casuale che alcuni degli insediamenti creati dai Fenici (Tharros, Nora, Cagliari e Sulci) siano molto vicini alle zone attualmente di maggiore produzione. Egizi, Cartaginesi, Romani e tutti i popoli del Mediterraneo ben presto amarono questa autentica ghiottoneria. Proprio grazie agli Arabi (da battarikh, ovvero uova di pesce salate), infatti, tutto il mondo antico scoprì la bontà di quelle baffe ambrate simili a grandi stecche di zucchero caramellato ma dal sapore salato, aspro e amaro. Il cefalo, pesce altrove denigrato, in Sardegna è un vero re, proprio per le sue sacche cariche di uova.
Se dal Giappone all’Australia i muggini proliferano, è il mare che bagna la Sardegna a regalare ai buongustai la bottarga più pregiata, da assaporare boccone dopo boccone, lentamente, con consapevolezza gourmet. La bottarga si può ottenere da numerosi altri pesci, il più comune è il tonno, il maiale del mare del quale, come è risaputo, non si butta via nulla. Diversamente dalla bottarga di muggine, quella di tonno si presenta più compatta e porosa, dal colore rosa all’interno, che sfuma verso il color tortora all’esterno. Assai ricercate sono pure la bottarga di ricciola e di merluzzo, dal sapore più delicato, ed entrambe delle rarità. In Sicilia come in Sardegna esiste una grande tradizione della bottarga nella cucina tipica: nel dopoguerra la bottarga, mangiata da sola insieme alla tunnina salata, cioè il tonno sotto sale, era l’unico sfizio che si potevano permettere i poveri sfamandosi qua e là nei mercati di strada. La lavorazione delle uova di pesce è più o meno la stessa in tutti i luoghi di produzione: una volta tirata fuori la sacca ovarica questa viene messa in salamoia per un tempo che dipende dalla pezzatura delle uova. Successivamente si mettono le uova sotto sale con un peso sopra, rigirandole quotidianamente e cambiando il sale. Dopo 15-20 giorni si tolgono dalla pressa, si lavano con acqua fresca, si asciugano al sole e al vento per un giorno o due e si mettono a riposo in una stanza fresca. La maturazione dovrebbe durare 2-3 mesi ma di solito la commercializzazione inizia dopo appena un mese. La produzione avviene di norma durante i mesi di maggio e giugno.
Oggi le uova di tonno vengono spesso importate dalla Spagna, Portogallo e Turchia, per la forte richiesta del mercato. C’è da dire inoltre che più la pezzatura è intera e grande e più è pregiata, quasi mai venduta al grande pubblico, che magari trova più facilmente la bottarga in polvere conservata in barattolini. Su scala artigianale la bottarga viene prodotta in tutte le regioni che si affacciano sul Tirreno: dalla Toscana alla Provenza ce n’è davvero per tutti i gusti. Nelle isole, teatro di spettacolari scenari di pesca popolare è sempre stata la tonnara, sinonimo di vissuto, di sudore e fatica, ritualità che vedono il sacro e il profano fondersi in un unico orizzonte esistenziale. Oggi le tonnare sono quasi del tutto scomparse, di esse restano soltanto le leggende ed i racconti, le foto sbiadite e la storica lavorazione del pesce, e della bottarga, appunto, l’oro del mare, protagonista di ricette gourmet e di piatti popolari. Da mangiare su una fetta di cetriolo o una bruschetta con pomodorini o nella pasta con pesto di pistacchi grattata sopra a crudo, rigorosamente. Perché certe bontà vanno assaporate intatte, senza troppe trasformazioni, per poterne carpire l’essenza forte e delicata ad un tempo.
Bottoni di patate e ricotta ripieni di carciofi con seppioline e bottarga
Ingredienti per 10 persone: patate lesse schiacciate 500 gr, ricotta di pecora 250 gr, farina 00 300 gr, rossi uovo 60 gr, carciofi alla romana 3 pz., aglio, prezzemolo, olio, menta, sale, pepe, vino bianco, seppioline pulite 500 gr, bottarga di muggine 200 gr.
Preparazione: Impastare le patate con la ricotta e i rossi d’uovo, lasciare riposare l’impasto per 1 ora. Pulire i carciofi e cuocerli in olio con le erbe e l’aglio a 60°C. Fare un battuto di carciofi non troppo fine. Pulire le seppioline tenendo da parte il nero, cuocerle in padella con aglio, olio e un goccio di vino bianco, un cucchiaino di nero di seppia, ed infine aggiustare di sale e pepe. Stendere l’impasto di patate e ricotta, e formare tipo ravioli con la farcia di carciofi. Cuocere i bottoni per 5 minuti, mantecare con la salsa delle seppioline. Guarnire con bottarga grattugiata e a fettine.