Nel secolo scorso, quando è nato, era considerato un vino medicinale. All’epoca, i fastidiosi mali della stagione invernale venivano curati con metodi semplici. Tra questi vi era proprio il Barolo Chinato che, scaldato fino al raggiungimento dell’ebollizione, diveniva un vin brulé d’eccellenza. Al prezioso liquido sono state dunque riconosciute fin da subito qualità antipiretiche e digestive. Ma non solo. Considerato una chicca, era entrato di diritto nel rituale d’ospitalità. La sua diffusione è avvenuta con estrema rapidità grazie soprattutto all’effetto trainante in termini di mercato del nome “Barolo”. Un nome, una garanzia, tale da collocarlo “in automatico” tra i prodotti nobili rispetto agli svariati tipi di bevande alcoliche a base di china. Oggi, surclassato da vari medicinali e da altri vini liquorosi e/o aromatizzati, si colloca tra i prodotti di nicchia. Ma cos’è esattamente il Barolo Chinato? Cerchiamo di conoscerlo da vicino. Nasce nel secolo scorso, in Piemonte, nella zona di produzione del Barolo, precisamente a Serralunga d’Alba. Rientra nella categoria dei vini aromatizzati poiché, al Barolo DOCG (realizzato con uve Nebbiolo al 100%), viene aggiunto zucchero ed alcol nel quale precedentemente sono state poste in lenta macerazione a temperatura ambiente diverse spezie tra cui la corteccia di China Calissaia, radice di rabarbaro e di genziana e seme di cardamomo. Al processo di aromatizzazione segue un affinamento in botte di circa un anno. Ha una gradazione alcolica tra i 16 e i 17 gradi. La temperatura di servizio consigliata è di 16-18 gradi. La paternità della ricetta originale è attribuita al farmacista Giuseppe Cappellano, ricetta in seguito sviluppata e promossa da altri produttori, fra cui Giulio Cocchi di Asti a partire dal 1891. Per il suo gusto dolce-amaro viene usato come elegante fine pasto e come vino da meditazione in alternativa al Porto, al Marsala vergine o ai vini liquorosi in genere. Equilibrato ed armonico, è caratterizzato da un’immediata gradevolezza del gusto e dalla piacevole persistenza aromatica. I momenti per degustarlo ed apprezzarlo sono diversi. Berlo da solo è una bella esperienza gustativa, di grande emozione, ma in genere si propone in chiusura in abbinamento al cioccolato amaro.
Andrea Slitti, vincitore del Grand Prix de Chocolaterie di Parigi nel 1994 e medaglia d’oro alle Olimpiadi del Cioccolato di Berlino del 1996, ha realizzato una pralina artigianale al Barolo Chinato che la Giulio Cocchi distribuisce per accompagnare la degustazione a dimostrazione del felice connubio. Senza difficoltà “regge” anche il cioccolato con percentuale di cacao molto elevata (in genere è perfetto già con cacao al 60%). Con il passare del tempo, dalla classica collaudata associazione “Barolo Chinato/Cioccolato” si è arrivati alla sperimentazione di questo vino aromatizzato con altri cibi anche sulla scia della riscoperta di tradizioni semplici e naturali. Oltre a risultare eccellente se riscaldato a vapore con una scorza di arancia, o, d’estate, con acqua di seltz fredda, un po’ di lime spremuto, si accosta benissimo a diversi dolci fatti in casa come quelli a base di mandorle, quelli con le noci, al Castagnaccio caldo e alla torta pere e cioccolato. Delizioso anche con le pere cotte con le spezie e con alcuni formaggi di tipo erborinato. E continuando ad andare a ritroso, il top sommelier Luca Gardini lo ha proposto sia con la lepre in dolceforte, ricetta trecentesca in cui c’è il dolce e il tannico per il cioccolato fondente, l’amaro per la carne di cacciagione e il caldo per la cottura, sia con la terrina di fegato grasso con composta di Saba di Romagna e pan brioche alle spezie. Sempre Gardini è arrivato ad abbinare il Barolo Chinato al pesce. In particolare ad una ricetta nata dal genio dello chef Carlo Cracco (proprio mentre lavorava con lui al Ristorante Cracco di Milano) con ricci di mare crudi, emulsione di cocco e zabaione all’origano. Chi sono oggi gli estimatori del Barolo Chinato? Quanto se ne acquista? Lo abbiamo chiesto a Dina Del Frate della omonima enoteca del quartiere Prati a Roma. Dina, grazie alla sua grande esperienza, delinea senza esitazioni il profilo dell’acquirente tipo di Barolo Chinato. Quaranta-cinquant’anni, di cultura medio alta. In genere sa già cosa acquistare. Dina ci racconta che oggi questo prodotto, lontano dalla posizione di privilegio avuta in passato, deve farsi largo fra tanti altri, questi ultimi spesso forti dei cliché modaioli. Nell’arco di un anno riesce a venderne non più di trenta bottiglie. Ecco infine i prezzi. Ce n’è davvero per tutte le tasche: si va dai 19 ai 50 euro per un prodotto di alta gamma.