L’accostamento non sembri peregrino: tra grandi “rossi” ci si intende, e se la Ferrari è il simbolo dell’eccellenza automobilistica Made in Italy, il Brunello di Montalcino è parimenti tra le “teste di serie” più fiammanti del vino italiano nel mondo.
La Toscana è culla di alcuni tra i più grandi vini rossi italiani, conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. Basti pensare a Chianti Classico, Nobile di Montepulciano, da base Sangiovese, ma anche a Supertuscan (ottenuti da uve non locali, come i due Cabernet e il Merlot) come Sassicaia, Tignanello, Ornellaia, tanto per citarne alcuni. Tra di essi, spicca il Brunello di Montalcino, vino intenso e longevo, che prende il nome dall’omonima cittadina che sorge a sud di Siena, in un paesaggio collinare di grande storia e bellezza, iscritto dal 2004 tra i Patrimoni dell’umanità dall’Unesco.
Fino alla seconda metà dell’800 questo territorio era rinomato solo per un vino bianco dolce, il Moscatello, finché, dopo l’Unità d’Italia, Clemente Santi, farmacista esperto di scienze naturali, iniziò a sperimentare la produzione di un vino rosso. Nel 1869 un suo Vino Scelto, un Brunello della vendemmia 1865, fu premiato con medaglia d’argento dal Comizio Agrario di Montepulciano e negli anni successivi continuò ad ottenere importanti riconoscimenti internazionali, battendo persino i rossi francesi nei concorsi di Parigi e Bordeaux. Il Brunello era nato e da lì in avanti il suo successo sarebbe rimasto indissolubilmente legato al nome della famiglia Biondi Santi.
Prima DOCG d’Italia nel 1980, il Brunello di Montalcino è prodotto in purezza da uve Sangiovese la cui coltura deve rispondere rigorosamente a precisi requisiti, tra cui l’altitudine, la giacitura collinare, l’esposizione, la densità di impianto, il titolo alcoolometrico (minimo 12 gradi) e altri ancora. Deve essere, ad esempio, sottoposto ad un processo di affinamento della durata di almeno due anni in botti di rovere e di quattro mesi in bottiglia, e non può essere immesso al consumo prima del 1º gennaio dell’anno successivo al termine di cinque anni calcolati considerando l’annata della vendemmia. Può assumere la dizione “Riserva” se immesso al commercio dopo il 1º gennaio dell’anno successivo al termine di sei anni, calcolati considerando l’annata della vendemmia, fermo restando il minimo di due anni di affinamento in contenitori di rovere, ma di almeno sei mesi in bottiglia. La vinificazione, conservazione, affinamento ed imbottigliamento devono avvenire esclusivamente nella zona di produzione, ovvero tutta l’area del Comune di Montalcino in provincia di Siena, delimitata dalle valli dei fiumi Orcia, Asso e Ombrone.
Il vino più longevo (insieme al Barolo) e sicuramente più blasonato d’Italia si presenta con colore rosso rubino intenso, tendente al granato, al naso ha sentori di geranio, ciliegia, violetta e spezie, mentre in bocca ha sapore asciutto, caldo, leggermente tannico, robusto, armonico e persistente. L’eleganza e il corpo armonico del vino consentono abbinamenti con piatti molto strutturati quali le carni rosse, la selvaggina, funghi, tartufi e formaggi come il pecorino toscano o le tome stagionate. Inoltre, per le sue caratteristiche, è godibile anche quale vino da meditazione. Il Brunello di Montalcino deve essere servito in bicchieri dalla forma ampia, al fine di poterne cogliere l’aroma composito ed armonioso, ad una temperatura di circa 18-20°C.
Il segreto del suo successo planetario? Oltre alle indiscutibili qualità organolettiche, senza dubbio la simbiosi perfetta con il paesaggio, le bellezze naturalistiche e l’arte che ne fatto un prodotto organico marchiato Toscana dal marketing formidabile.