Il 6 luglio 1503 Cristoforo Colombo annotava sul suo diario di bordo la presenza, in quelle che credeva le Indie, di ingenti quantità di enormi galline dalle “piume come lana”.
I “gallini d’India” ebbero immediato successo nelle mense europee, dove arrivarono nel 1519 portati dai gesuiti spagnoli che, al seguito dei conquistadores, erano andati in America a convertire le popolazioni indigene.
Si trattava in realtà del tacchino, che fece la sua illustre comparsa nel 1570 al banchetto nuziale di Carlo IX di Francia ed Elisabetta d’Austria e, trent’anni dopo, in quello di Francesco IV re di Francia e Maria de’ Medici.
Il tacchino è diventato oggi un alimento di grande consumo, facile da preparare, ricco di sapore, leggero, protagonista nella cucina mondiale, dal Maghreb all’Argentina, dall’Asia all’Europa.
Disossato, ripieno, fritto, arrosto, in brodo, mescolato con altri cibi, accompagnato da salse e verdure, il “Meleagris gallopavo” può essere considerato ormai uno dei cibi multietnici per eccellenza.
Ma questa carne avicola, accanto ai piatti di mare, è legata in modo significativo ad una particolare ricorrenza: il Natale.
Il tacchino è rinomato come principe delle tavole americane ed anglosassoni durante le festività principali.
In quelle americane in occasione del Thanksgiving Day, il Natale e la Pasqua, in quelle anglosassoni solo durante il Natale e la Pasqua.
Viene preparato arrosto con il classico “stuffing”, il ripieno di mollica di pane, erbette, burro, latte e con contorno di verdure e patate. Naturalmente è di rito la rinomata “cranberry juice”. Ma in realtà questo consumo in larga scala di tacchino cominciò solo a partire dal XIX sec., quando andò gradualmente a sostituire l’oca come pasto di Natale.
Anche in Italia però il tacchino la fa da padrone insieme al pesce (di solito capitone o anguilla), anatra, salsiccia di maiale con lenticchie ed immancabilmente, dulcis in fundo, panettone e pandoro.
Tante versioni diverse, gusto ricco; la carne di tacchino può arrivare sulle nostre tavole cucinata in moltissimi modi, ma sempre appetitosa e pronta a soddisfare le esigenze di ogni palato, grazie alle sue qualità nutrizionali, ai pregi gastronomici e alla versatilità di preparazione. E poi le porzioni sono varie ed accontentano tutti: coscia, ala, petto …
Nel corso delle festività ogni famiglia prepara con cura le prelibatezze da presentare sulle tavole imbandite, ma in Italia il cenone natalizio varia da città a città, data la miriade di tradizioni che caratterizzano la nostra cucina. In generale però su ogni tavola non devono assolutamente mai mancare: pesce, cotechino con lenticchie e, naturalmente, tacchino.
Interessante è dunque offrire una panoramica nazionale dei vari modi in cui questo alimento si presenta in veste diversa, ma sempre gustosa, nei banchetti natalizi di ogni regione.
In Lombardia trionfa il tacchino di 6 kg, cotto per circa sei ore in tegame con grasso di rognone, pancetta ed aromi (Milano), ma si apprezza anche il classico brodo con agnolotti (Pavia) ed il tacchino ripieno di castagne (Varese).
I liguri amano i lessi, ma soprattutto gli arrosti rinforzati da ripieni di salsiccia.
Nelle Marche il brodo è sempre sulle tavole ed il lesso si assapora con salse piccanti.
In Toscana son sempre i benvenuti il brodo e l’arrosto.
In Abruzzo invece regna succulento sulle tavole il tacchino alla “canzanese” (dal paese Canzano), frutto della tradizione delle feste buongustaie. Per cuocerlo occorrono otto ore e si serve dopo altre dodici. Viene immerso in acqua con degli odori all’interno di un tegame di terracotta ben chiuso per poi infornarlo.
In Campania questo tipo di carne viene utilizzato anche come preparato per ragù nelle tagliatelle o come secondo al forno: viene preferita la tacchinella (di peso intorno ai 4 kg e di carne più tenera. La Sardegna non è da meno: il “pastu mistu” viene farcito con pollo o a piacere con anatra o coniglio, ben lardellato e aromatizzato con ginepro, salvia e mirto. Il tutto viene calato in una fossa su un letto di braci e ricoperto con le stesse. Si cuoce e viene servito tiepido. Si tratta di un antichissimo metodo di cottura, tipico dell’isola.