Dopo la dieta mediterranea, e le terre di Langhe e Monferrato, la vite ad alberello tipica dell’isola di Pantelleria diventa patrimonio dell’UNESCO, come deciso all’unanimità a Parigi dalla giuria composta dai 161 Stati membri, riunita per proclamare l’iscrizione di questa antica pratica agricola fra i beni immateriali dell’umanità. Si tratta di una tradizione contadina davvero eroica che sfida da secoli la roccia vulcanica dell’isola e il vento sferzante in conche scavate nel terreno lungo i terrazzamenti che caratterizzano il paesaggio.
Lo Zibibbo ha origini remote, risalendo all’epoca dei Fenici mentre il nome e la tecnica di coltivazione avrebbero invece una matrice araba. La fatica dei contadini, costretti a combattere con una natura quasi impossibile, si perpetua nel tempo giungendo fino ad oggi, mantenendo l’uso della vite ad “alberello”. Il caratteristico sapore zuccherino del vino liquoroso viene ottenuto portando i grappoli ad una sovramaturazione, per essere poi messi ad asciugare al sole su graticce di legno o canne.
“Il fatto che la vite ad alberello di Pantelleria – ha commentato il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina – possa essere la prima pratica agricola riconosciuta, contribuisce ad affermare la specificità del nostro Paese”.
E’ la primissima volta, infatti, che una pratica agricola, riconosciuta come valore identitario e culturale ancor prima che economico, viene inserita nella prestigiosa Word Heritage List.
Prossimo traguardo, auspica la Coldiretti, l’iscrizione dell’”arte della pizza napoletana” nella lista UNESCO dei patrimoni immateriali dell’umanità così da tutelarne l’identità e fare definitivamente chiarezza sull’origine italiana degli ingredienti e sulle modalità di preparazione, sconfiggendo una volta per tutte la pirateria alimentare.