La cucina del futuro? Secondo il prestigioso magazine The Restaurant – che colloca sul podio più alto della prestigiosa chart “The SanPellegrino world’s 100 best restaurants” il Noma di René Redzepti – parla sicuramente danese, con buona pace della dieta mediterranea che perderebbe così il suo primato, a tutto vantaggio di sapori completamente inediti: muschi, licheni, erbe spontanee, materie prime fino a ieri considerate improponibili. Ma non per il giovane chef, già allievo di Ferran Adrià, che è stato capace di valorizzare quel poco che la sua terra ha da offrire (patate, barbabietole, aringhe, segale) abbracciando un concetto autarchico che tira fuori il meglio delle alghe dal Mare del Nord o dai germogli di felce. Con l’ausilio di una tecnica d’avanguardia – che riesce a preservare la naturalezza degli ingredienti – unita in matrimonio ad una raffinata sensibilità (attenta ad esempio ad alleggerire il salmone, pesce troppo grasso, con una particolare cottura a bassa temperatura), il “folletto dell’alta cucina danese” ha scalato il tetto del mondo. “Esprimere la purezza, la semplicità e l’etica che vorremmo associare con la nostra regione, fare riflettere le stagioni nelle pietanze, basare la cucina su materie prime naturali, eccellenti nel nostro clima, nel nostro ambiente, nelle nostre acque; abbinare buon sapore e conoscenze moderne sulla salute e sul benessere, unire i migliori procedimenti nordici di cottura e le tradizioni culinarie con impulsi internazionali”. Ecco alcuni punti salienti del manifesto per la nuova cucina nordica promosso, in particolare, dallo chef Klaus Meyer e dallo stesso René Redzepi.
Qualche sua suggestiva creazione, in grado di attirare gourmet da ogni angolo del globo nel suo ristorante di stile “calvinista”, un ex magazzino portuale affacciato sul molo di Copenaghen? Carote e ravanelli in terra di pane di segale e yogurt aromatizzato alle erbe, variazione di cipolle danesi con salsa acidulata di clorofilla e tapioca, crema di formaggio, spinaci aromatizzati alla verbena, mela, formaggio croccante, schiuma di bacche, sedano, aneto selvatico, petto d’anatra, porro, mela ed erbe citriche, aragosta scottata nell’idromele con crescione e patate dolci caramellate, mousse glassata al latte di capra con granita all’acetosella… Tutti piatti rigorosamente a Km zero, dato che i prodotti sono di comprovata provenienza scandinava, a suggellare la tipicità e la purezza nordica di questo modo di fare gola.
Ma non c’è solo il 33enne geniale Redzepi ad occupare la scena, insieme a lui una schiera di chef, anch’essi giovanissimi, rappresentanti di questa nuova emozionante gastronomia scandinava, ispirata alla fusion e alle antiche ricette nordiche. Tra questi particolare menzione d’onore spetta all’Ensemble degli chef Morten Scou e Nickolaj Egebol-Jeppesen, alfieri di una cucina di taglio modernissimo, che trae linfa vitale dai raffinati ingredienti che arrivano anche dall’Islanda, la Groenlandia e le isole Faer Oer (come le aragoste e i granchi reali). Altro ristorante gourmet di Copenaghen è senza dubbio il Premisse di Ramsus Gronbech (Cuoco dell’Anno 1998) che prepara per i suoi esigentissimi ospiti autentiche prelibatezze come, solo per citarne una, il caviale con banana, noci del Queensland e lime, un vero inno alla cucina fusion. Ma gli spunti più interessanti, dopo il Noma, arrivano da Thorstern Schmidt, brillante chef del Mlling & Schmidt ad Arhus, “cacciatore” instancabile di verdure selvatiche come il centocchio, il garofanino boschivo e l’enotera, che profumano piatti traboccanti di fantasia come le palline di ollebrod (zuppa tradizionale alla birra) cosparse di pangrattato, fritte nell’olio e accompagnate con panna montata e miele di fiori danese. Anche il Zortenbro Kro in Fionia tiene alto il nome delle nuove tendenze culinarie con le creazioni affascinanti di John Kofod Pedersen, grande estimatore di verdure ed erbe nonché di prodotti di antichissima tradizione, come lo skyr, un formaggio ottenuto da latte fermentato secondo una ricetta risalente addirittura all’epoca dei Vichinghi.