Dalla polpa soda o dalla consistenza morbida da gustare col cucchiaio: frutto del diospiro, il cachi è una pianta che appartiene alla famiglia dei legni duri comprendente l’ebano (le Ebenacee) e la sola a produrre un frutto commestibile. Di origine antichissima, precisamente della zona meridionale della Cina, nella loro terra natìa sono noti come mele d’Oriente; ancora oggi, la loro pianta è famosa per le sue Sette Virtù: la prima è la sua lunga vita, la seconda la grande ombra, la terza la mancanza di nidi tra i rami, la quarta l’assenza di tarli da legno, la quinta la possibilità per i bambini di giocare con le sue foglie indurite dal gelo, la sesta la qualità delle stesse da cui si ricava un bel fuoco e l’ultima la possibilità di usare le foglie come concime per la terra.
Tra i maggiori estimatori di questa pianta vi sono i giapponesi, che arrivarono a coltivarlo in modo intensivo circa un millennio fa non solo per la bontà dei frutti, ma anche per la bellezza della pianta. Due sono le categorie più diffuse: il cachi asiatico ed il cachi americano, varietà quest’ultima che cresce spontanea nel sud-est degli Stati Uniti. Il dolce sapore del cachi cominciò ad essere apprezzato nella seconda metà dell’800 con l’importazione dal Giappone delle specie più pregiate. Ad oggi, è un prodotto assai comune nel nostro Paese, poiché la pianta si adatta molto bene in tutta l’area del Mediterraneo. Frutti tipicamente autunnali dal morso irresistibile, con la buccia dura color giallo intenso, oppure delizia molle dalla polpa filamentosa e zuccherina, con la buccia fina di un rosso-arancio molto vivo, i cachi vengono solitamente raccolti quando sono ancora acerbi e lasciati maturare nei magazzini. Questa procedura, detta ammezzimento, pur non provocando alterazioni del sapore, permette di eliminare, o almeno ridurre, il caratteristico effetto astringente causato dall’elevato contenuto di tannini: se consumati ancora acerbi, infatti, i cachi possono provocare una fastidiosa asprezza avvertibile sul dorso della lingua (è di uso comune il verbo allappare). Se si preferisce acquistare i cachi acerbi e ottenere il migliore risultato di maturazione, è buona norma disporli su un cartone e conservati in un luogo asciutto e senza luce. Nel caso in cui si voglia accellerare il processo di maturazione, possono essere sistemate nelle vicinanze alcune mele, le quali durante la maturazione sprigionano due gas: l’acetilene e l’etilene che accelerano l’arricchimento in zuccheri per la successiva consumazione.
Se si acquistano frutti già maturi, devono essere conservati nella parte meno fredda del frigorifero per non oltre tre giorni. Spesso gustati al naturale, possono essere utilizzati anche per la preparazione di macedonie, per aromatizzare lo yogurt o i dessert ridotti in purea, aggiungendo qualche goccia di limone per evitarne l’annerimento, oppure se ne possono realizzare confetture o piccoli pezzi da disidratare. Apostrofato anche come Frutto di Giove, il cachi è ricco di beta-carotene, vitamina C e potassio; quando raggiunge la completa maturazione diviene altamente energetico, con forti quantità di zuccheri allo stato di glucosio. Per questo motivo è vivamente sconsigliato a chi soffre di diabete e obesità, ma raccomandato in caso di inappetenza, stress psicofisico e sport. A causa dei suoi filamenti, è molto ricco di fibre e mostra un’efficace azione diuretica, poiché ricco di calcio e potassio che aiutano a liberarsi dei liquidi in eccesso. Nonostante il nome ne riveli il riferimento al colore aranciato, tipico della terra arida e siccitosa, esso si rivela essere una fonte inesauribile di risorse, dal gusto succulento.
Risotto con toma d’alpeggio e cachi
Ingredienti per 4 persone: 1 lt d’acqua, 280 gr di riso Vialone Nano, 50 gr di burro salato, 10 gr di mascarpone, 10 gr di aceto di Xeres, 8 gr di tè Lapsang Souchong Imperial, Parmigiano Reggiano, olio extravergine d’oliva, sale, pepe. Per la crema di toma d’alpeggio: 100 gr di latte, 100 gr di toma d’alpeggio, 50 gr di panna liquida, un grammo di macis, pepe nero. Per i cachi: 2 cachi, aceto di Xeres, olio extravergine d’oliva. Per il caramello: 120 gr di pasta di nocciole, 100 gr di aceto di Xeres, 80 gr di zucchero Moscovado, 25 gr di nocciole tostate. Per la guarnizione: polvere di chiodi di garofano, foglioline di menta.
Esecuzione: riscaldare in una bastardella il latte con la panna, il macis e un pizzico di pepe macinato a mulinello. Quando avrà raggiunto i 40°C, unire la toma tagliata a dadini; tenere la temperatura costante a 45°C attendendo che il formaggio si sciolga. Togliere il composto dal fuoco, frullarlo e passarlo al colino in modo che risulti liscio; tenere in caldo a bagnomaria. Mettere in infusione nell’acqua a 85°C il tè e lasciarlo per circa 6 minuti. Tostare il riso in una casseruola con una noce di burro e un poco di olio extravergine d’oliva. Sfumare con l’aceto di Xeres e continuare la cottura aggiungendo il tè filtrato un po’ alla volta. Regolare di sale e pepe. Lontano dal fuoco mantecare il risotto con il restante burro, il mascarpone, un filo d’olio e il Parmigiano grattugiato. Sbucciare e ricavare dai cachi 12 cubetti, raccoglierli in una boule e condirli con una vinaigrette realizzata sbattendo un poco di aceto di Xeres con un filo d’olio. In un pentolino caramellare lo zucchero con l’aceto di Xeres, incorporare gradatamente la pasta di nocciole, le nocciole tostate e, girando con una frusta, continuare la cottura sul fuoco fino a quando il composto non si staccherà dalle pareti. Stendere in ciascun piatto un poco di crema al formaggio, coprirla con il risotto decorandolo al centro con un disco di caramello a tre cubetti di cachi. Spolverare la superficie del risotto con un poco di polvere di chiodi di garofano e ultimare con foglioline di menta.
Chef Anthony Genovese – Ristorante Il Pagliaccio (ROMA).