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L’Imperatore Claudio

Il Sommo Poeta li ha collocati nel terzo cerchio dell’Inferno subito dopo i lussuriosi. Primo fra tutti i golosi, Ciacco (ancor oggi figura storica non individuata), descritto da Dante come “dato del tutto al vizio della gola, era morditore e le sue usanze erano sempre co’ gentili uomini e ricchi, e massimamente con quelli che splendidamente e dilicatamente mangiavano e beveano.”. Sempre lo stesso Ciacco era descritto da Boccaccio come “uomo ghiottissimo quanto alcun altro fosse giammai”. Nella storia dell’uomo il cibo è sempre stato unità di misura del potere. Ne sono state esplicita testimonianza le tavole riccamente imbandite di re e regine, imperatori e uomini politici. L’ostentazione si traduceva in un numero infinito di portate che sfamava tutti i commensali convenuti, la servitù e gli animali di cortile. Cibo come potere, ma anche e soprattutto come piacere tout court, che coinvolge buongustai e golosi ma, mentre i primi ricercano piuttosto la qualità che la quantità dei cibi, i secondi mirano ad ottenere entrambe. Tra i golosi poi, vanno distinti quelli che approcciano la tavola sempre e comunque con educato apprezzamento, e coloro che invece ingeriscono tutto senza alcun freno al punto da trasformarsi in personaggi leggendari proprio per la loro incontinenza culinaria. I peccati di gola hanno infatti travolto anche i più integerrimi uomini della storia. E allora divertiamoci a svelare almeno alcuni dei più celebri ghiottoni di ogni tempo. Nell’antichità si narra che Milone da Crotone, atleta greco, abbatté un bue con un pugno per poi mangiarlo in un solo pranzo. Lucullo, uomo di grandissima cultura e comandante militare dalle innegabili qualità di stratega, non è conosciuto tanto per le sue gesta di combattente quanto per la sua smisurata passione per il cibo. Un pasto particolarmente ricco ed abbondante è ancor oggi definibile come “luculliano”. Claudio morì per un’indigestione di funghi, sua passione insana, mentre Tiberio era soprannominato dai sudditi “Biberio” per i suoi eccessi dionisiaci. Apicio, gourmet ante litteram, si suicidò quando finì i fondi che gli servivano per allestire i suoi munifici banchetti.

In barba a tutte le regole di una sana alimentazione, Carlo-MagnoCarlo Magno, divoratore di carni rosse, selvaggina e di carne di maiale in particolare, ne ingurgitava quantità spropositate. Malato di gotta, si rifiutò sempre di cambiare le sue abitudini alimentari nonostante i consigli dei medici di corte, condannandosi così ad una morte precoce. In generale quasi tutti i sovrani dell’antichità ostentavano sfarzo mangereccio, consumato in abbinamento ai piaceri del sesso, ma i re francesi ed inglesi erano insuperabili in magnificenza.

 

Enrico-VIII-dInghilterraIl golosissimo Enrico VIII Tudor si contornava di una schiera di cuochi ed amava stupire i suoi commensali con portate mirabolanti, guarnite con fiori, frutta, piume, contenenti spesso sorprese tra le più disparate come gioielli e monili di diversa fattura e grandezza. Anche i pontefici non erano affatto immuni dal vizio della gola: ad esempio Papa Martino IV, passato alla storia più per la sua voracità che per l’impegno pastorale. Gaudente per il cibo in generale, ma assai ghiotto di anguille che, all’epoca, rassomigliando al serpente, simbolo del peccato originale, erano considerate cibo proibito. Contro ogni convenzione, infischiandosene dello scandalo, continuava a mangiare anguille, al punto che secondo alcuni storici la causa della sua morte fu appunto la “grassezza ed indigestione di saporito pesce del lago di Bolsena cucinato e annaffiato con Vernaccia”. Caterina de’ Medici invece, oltre ad essere golosa, era anche superstiziosa e al contempo all’avanguardia. È a lei che si deve l’introduzione della forchetta e un notevole miglioramento dell’allora rozza cucina francese, grazie ai cuochi e pasticcieri che l’avevano seguita dalla corte fiorentina. Metternich, diplomatico e statista austriaco, il maggior esponente del conservatorismo europeo, era famoso anche per la sua gola e la passione sfrenata per il cioccolato. Questo despota goloso amava l’Italia, da lui definita “un’espressione geografica, anche per le ghiotte idee gastronomiche”. Ancor oggi i buongustai, definendo un piatto guarnito “alla Metternich”, descrivono una pietanza arricchita con nidi di purea calda di castagne, sovrastata al centro da cavoli rossi brasati. Il Cancelliere austriaco apprezzava molto questo contorno agrodolce che faceva sposare con piatti di cacciagione. Ghiottoni appassionati abbondano anche tra i letterati di varie epoche. La leggenda racconta che Honoré de Balzac fu visto inghiottire cento ostriche, dodici costolette d’agnello, un’anatra, due pernici, una sogliola, il tutto seguito da dolci, frutta, caffè e liquori. Forse pochi sanno che, Alexandre Dumas aveva un amore viscerale per la buona tavola ed uno stomaco di ferro. Pubblicò il “Grande Dizionario di Cucina” nel quale riunì tremila ricette e conoscenze culinarie acquisite durante gli innumerevoli viaggi intrapresi. Fu proprio lui per primo a descrivere, in un libro, la pizza al pomodoro.

Immagine 7Tra i musicisti spicca invece Gioacchino Rossini, il quale degustava le prelibatezze offerte nelle varie città toccate dalle sue tournée e incaricava amici e collaboratori affinché gli procurassero le ghiottonerie di cui andava matto. Primizie e specialità culinarie non mancavano mai sulla sua tavola decorata con estrema raffinatezza, condivisa spesso con numerosi ospiti. Non si contano le ricette che gli sono state dedicate, tra le quali i famosi pasticcini chiamati Figaro, in onore dell’opera rossiniana, ideati dal famoso pasticciere francese Antonin Carême e la torta alla Guglielmo Tell, creata dallo stesso. I pasticcini erano di forma rotonda, di pasta sfoglia ripieni di frutta e la torta di mele glassata allo zucchero, decorata con tanto di balestra e freccia. Ma la ricetta più famosa resta quella del tournedos alla Rossini (filetto di manzo insaporito con fegato grasso e tartufo servito su crostoni di pane fritti nel burro) legata all’altrettanto celebre episodio in cui il suo maitre, chiamato a cucinare davanti agli invitati, imbarazzato dalla situazione, venne invitato dal Maestro a girare le spalle (tournez le dos!). Pure un altro grande della musica, Giacomo Puccini, era un goloso di prima levatura. Si racconta che si divertiva a creare personalmente ricette come “pasta con le anguille” o “aringhe coi ravanelli” e che andava spesso a far visita all’anziana sorella suor Angelica, monaca in un convento di Lucca, spinto non tanto dall’amore fraterno, quanto dalla passione per i fagioli cotti al fiasco. In una nota scritta di suo pugno, il grande compositore inneggia alle virtù di una nota trattoria romana: “Al Pastarellaro si mangia divinamente, capolavoro!”

Immagine 5Le note di chiusura le riserviamo al gentil sesso, prima fra tutte Maria Luisa d’Austria, chiamata la duchessa golosa per la sua predilezione spiccata per il cibo ed in particolare per i dolci, al punto da ordinare a Parigi i suoi cioccolatini preferiti. Amante della buona cucina tanto da farsene ambasciatrice, cercando di contrastare il francesismo dilagante all’epoca, era la Regina Margherita di Savoia, alla quale è stata dedicata la golosissima pizza che porta il suo nome.