Sono il comfort food per eccellenza, un cibo casalingo e familiare capace di riportare in un baleno la mente alle amorevoli coccole della nonna e agli accoglienti sapori della sua cucina. Una preparazione semplice, versatile e gustosa, presente in tutte le culture e tradizioni in infinite varianti e preparazioni. Negli States gli spaghetti meatballs fanno il verso a un piatto tutto italiano, ovvero la pasta condita con il sugo di cottura di polpette, spuntature e salsicce; le polpette cinesi, speziate e piccanti, si servono in un saporito brodo di salsa di soia e di pesce; quelle arabe, come quelle indiane, sono a base d’agnello, annoverano un gran numero di spezie e si servono fritte, ma ne è altrettanto famosa la versione a base di ceci, nota come felafel. In Italia, il concetto di “polpetta” appare per la prima volta nel XV secolo, adottato da Maestro Martino, nobile cuoco del Carmelengo, Patriarca di Aquileia. Nel suo manuale di cucina, il Libro de Arte Coquinaria, appare la prima ricetta in assoluto espressamente dedicata alle polpette: “Per fare polpette di carne di vitello, o d’altra carne pregiata. Per prima cosa prendi della carne magra dalla coscia e tagliala in fette lunghe e sottili e battile bene sopra un tagliere, o un tavolo, usando la costa del coltello. Prendi sale e finocchio macinato e mettili sulla suddetta fetta di carne. Dopodiché prendi del prezzemolo, maggiorana e del buon lardo e trita insieme questi ingredienti aggiungendo poche e buone spezie, e spalma questo trito sulla fetta di vitello. Poi arrotola la fetta con tutto il suo contenuto e mettila sullo spiedo a cuocere. Ma non lasciarla asciugare troppo al fuoco” (italianizzazione da: Maestro Martino da Como, Libro de arte coquinaria, secolo XV).
In realtà, si tratterebbe degli odierni involtini allo spiedo (del tutto analoghe alle tipiche “bombette pugliesi”), ma il dato determinante che emerge da questa ricetta è la tipologia di carne che deve essere utilizzata per preparare le polpette, ovvero un mix di coscia, la parte di muscolo più magra e asciutta, e di grasso, per legare il tutto. La polpetta, infatti, nasce come ricetta di recupero: un modo per insaporire e intenerire i tagli di carne meno pregiati e più fibrosi rendendoli, appunto, una “polpa” morbida e succulenta. Cibo povero e domestico per eccellenza, delle polpette non appare pressoché traccia in altri ricettari ufficiali, fino alla pubblicazione de La scienza in cucina di Pellegrino Artusi nel 1891. Conscio della diffusa presenza di questa preparazione in tutte le cucine italiane, lo stesso Artusi nel descriverne la ricetta sottolinea di non aver certo “la pretensione d’insegnarvi a far le polpette. Questo è un piatto che tutti lo sanno fare cominciando dal ciuco, il quale fu forse il primo a darne il modello al genere umano. Intendo soltanto dirvi come esse si preparino da qualcuno con carne lessa avanzata; se poi le voleste fare più semplici o di carne cruda, non è necessario tanto condimento”. Quella che lui propone è ovviamente solo una delle tante varianti delle polpette ma costituisce a livello culturale la testimonianza diretta di una fase di passaggio determinante nel percorso evolutivo della stessa: il transito dalla ricetta povera a base di avanzi a quella nobilitata dei giorni nostri. “Tritate il lesso colla lunetta e tritate a parte una fetta di prosciutto grasso e magro per unirla al medesimo. Condite con parmigiano, sale, pepe, odore di spezie, uva passolina, pinoli, alcune cucchiaiate di pappa, fatta con una midolla di pane cotta nel brodo o nel latte, legando il composto con un uovo o due a seconda della quantità. Formate tante pallottole del volume di un uovo, schiacciate ai poli come il globo terrestre, panatele e friggetele nell’olio o nel lardo. Poi con un soffritto d’aglio e prezzemolo e l’unto rimasto nella padella passatele in una teglia, ornandole con una salsa d’uova e agro di limone”. Nel tempo, infatti, il concetto di polpetta si è andato trasformando da cibo di recupero a base di carni miste, cotte o crude, a pietanza prelibata preparata ad hoc con carni selezionate, salumi, formaggi o addirittura pesce, verdure e legumi.
Nello sconfinato panorama di versioni possibili, ciò che è rimasto invariato, tuttavia, è l’indiscussa capacità delle polpette di “reinventare” gli ingredienti disponibili in dispensa. A partire dal pane raffermo, un ingrediente indispensabile nella preparazione della “base” solida dell’impasto, cui fanno seguito le uova, le spezie, le erbe aromatiche e tutte quelle eventuali rimanenze di formaggi e salumi. Insomma, il bello delle polpette è tutto nella sicurezza che “quello che ci metti ci ritrovi” e che qualsiasi ingrediente può contribuire a renderle saporite e irresistibili. Probabilmente si nasconde proprio qui il segreto delle mitiche “polpette della nonna”: un connubio tra manualità, avversione per gli sprechi e conoscenza dei giusti abbinamenti. Altrettanto determinanti per un piatto di successo sono le tipologie di cottura e le salse. Inutile sottolineare come la frittura renda queste palline davvero fragranti e irresistibili, ma è altrettanto vero che per impasti più asciutti e compatti la cottura in umido è l’ideale per restituire succulenza e sapore, specie se svolta all’interno di un saporito sugo di pomodoro, nella panna o in una salsa al vino. Fanatici del galateo astenetevi perché alla fine la scarpetta è d’obbligo!