Non è una serie cult cinematografica tipo “Spaghetti Western”. E’ semplicemente il susci, versione mediterranea del nipponico sushi. Gli ingredienti sono gli stessi, riso e pesce, ma l’evoluzione made in Italy è più ricca di fantasia e creatività anche perché slegata dalle rigide regole centenarie della cucina del Sol Levante. Questo grazie anche ad un uso maggiore di materie prime diverse e all’estro di grandi chef come Gualtiero Marchesi e Moreno Cedroni.

25 anni fa, memore della cucina dei miei genitori che avevano un albergo, bar ristorante con tavola calda e fredda, ho pensato a una versione italiana del sushi. In fin dei conti l’idea alla base era la stessa: come il sushi è stato ed è ancora oggi in Giappone il cibo preferito dai lavoratori durante la pausa pranzo, così noi davamo da mangiare a clienti frettolosi che cercavano pasti freddi”.

Gualtiero Marchesi racconta ad AROMA la sua rivisitazione del sushi in chiave italiana. Perché lui è stato il primo negli anni ‘80 a far realizzare un piatto quadrato con cinque spazi da riempire con pesce marinato, al crudo, crostacei e coquillage e con in più, al centro, un assaggio di pasta raffreddata e guarnita di caviale. Un piatto che dura ancora oggi e che si chiama semplicemente sushi all’Italiana.

In fin dei conti l’unica differenza tra il sushi giapponese e il mio sta nel riso: io l’ho sostituito con una pasta fredda ma per quanto riguarda l’ingrediente principale, il pesce, la lavorazione è la stessa”.

25 anni dopo Gualtiero Marchesi, un altro grande chef, classe 1964, si affaccia sull’affascinante mondo delle contaminazioni gastronomiche tra oriente ed occidente. Moreno Cedroni nel suoi due angoli di paradiso – La Madonnina del Pescatore a Senigallia e Il Clandestino del Portonovo ad Ancona – ha fatto sua la lezione del Maestro, attualizzandola, rendendola contemporanea.


L’idea può sembrare facile, ma in realtà non è così perché la base comune tra il sushi nipponico ed il susci “made in Marche” di Cedroni è il riso ma soprattutto il concetto di piatto fruibile in un sol boccone. Il pesce però in Italia, sia a nord che a sud, è ancora “affogato” da aceto, limone e mille intingoli che lo opprimono.

Lui lo spoglia di tutto e lo riporta all’antica fierezza degli odori e profumi che solo il pesce fresco sa donare a chi lo mangia crudo. Ma non solo. Pur partendo dalla stessa base e trattamento di riso – il Violone Nano marchigiano, coltivato a secco, il riso più a Sud che si produca in Europa – Cedroni sa che anche variando il pesce, dopo un po’ il sushi per forma e contenuto annoia il palato.

Ecco allora che lui lo arricchisce con qualcosa di croccante che crei l’effetto sorpresa in bocca: la pelle del pesce o la coda fritta, l’uovo di seppia, i gamberi o il finocchio marino del Monte Conero. Ma ciò che rende veramente mediterraneo il sushi giapponese, ossia il susci, è il famoso “giro d’olio”, il rito che Moreno Cedroni officia con sapienza italiana, con la bottiglia di extra vergine d’oliva di casa nostra, irrorando i piatti prima di servirli in tavola.

(pubblicato su Aroma di luglio/agosto 2007)