La nuova religione del cibo “firmato” ha gia’ conquistato il mondo ed il ristorante stellato, ad ogni latitudine, è diventato una sorta di santuario della gola, la meta esclusiva di un pellegrinaggio colto e raffinato che, rifiutando la logica della globalizzazione ed appiattimento dei sapori, si spinge anche molto lontano per ritrovare il “gusto” del vivere.
Assistiamo così alla nascita di un’inedita figura di turista che ama l’arte e la tradizione, di cui tutta la buona cucina si fa interprete in modo integrato con il suo patrimonio di valori condensati in un boccone goloso, nel piatto d’autore, ricco di storia, capace di sollecitare la mente (senza la quale ogni esperienza gastronomica risulta incompiuta) ancora prima del palato, in una riuscita sintesi di sapori e saperi.
Qualche milione di italiani si mette in viaggio, ogni anno, seguendo le rotte che portano ai templi sacri dell’alta cucina, al cospetto dei “guru” della ristorazione, la cui notorietà è salita alle stelle grazie alla pubblicità dei media, sempre più interessati al fenomeno, e all’acclamazione delle guide culinarie. Non diversamente accade nel resto del mondo dove i grandi chef, arbitri indiscussi dell’estetica del cibo, sono le nuove star del firmamento planetario.
In Francia, ad esempio, Alain Ducasse siede saldamente sul trono di Re Sole dei fornelli dal quale, con una futuristica rete di telecamere, controlla il suo blasonatissimo Louis XV di Montecarlo. L’altro ristorante di Parigi, punto d’incontro dei gourmet più snob d’Europa, attirati da una cucina virtuosistica dalla tecnica ineccepibile, registra il puntuale tutto esaurito, nonostante i conti astronomici, e lo stesso avviene nella enclave newyorkese dello chef-capitano d’industria.
A Roses, una cittadella quasi inaccessibile della Costa Brava, lavora Ferrand Adrià, l’osannato cuoco spagnolo, soprannominato il “Picasso della cucina” per le sue geniali intuizioni che hanno rivoluzionato, osando l’inosabile, le percezioni sensoriali del gusto e tutto un modo di cucinare: cibi destrutturati, spume aeree, minestre dolci e dolci salati, come il suo arcinoto semifreddo al parmigiano, ormai diventato un “totem”.
A Londra è lo chef Marco Pierre White il sacerdote dell’alta cucina destinata, per le frequenti provocazioni, ad un pubblico di iniziati, mentre Los Angeles è la patria d’adozione del “profeta” austriaco Wolfgang Puck, che in un decennio ha costruito un impero grazie alle fortune dei suoi ristoranti, frequentatissimi dai divi di Hollywood e dai loro emuli dal palato fino (e dal portafoglio gonfio).
Ed in Italia, (Bel)paese di cuochi, dove più che altrove il rito della cucina viene “santificato” a tavola? Noto a tutti per le sue attrattive paesaggistiche e storiche è anche e soprattutto, secondo la “vestale” Nadia Santini, la migliore cuoca del mondo per bocca degli stessi rivali francesi, un immenso serbatoio di risorse estratte dai giacimenti dell’artigianato gastronomico regionale. Fulvio Pierlangelini, “vate” di una cucina sapida e leggera che accarezza il palato, riesce a fare dei suoi piatti un autentico monumento all’italianità nutrita da una cultura fondata su principi di naturalezza e di equilibrio. Alfonso Iaccarino, corteggiatissimo dai nobili di mezza Europa, è l’esegeta dei sapori mediterranei dischiusi dallo scrigno dei tesori nascosti tra Napoli e Salerno, Heinz Beck a Roma è il “pontefice” della perfezione teutonica e fantasia latina.
Ma qual è il segreto per fare grande cucina? Secondo Gianfranco Vissani (al suo ristorante di Baschi, vicino a a Perugia, bisogna prenotare con parecchi mesi di anticipo) lo chef deve affidarsi alla qualità assoluta dei prodotti del territorio, raccolti stagionalmente, la cui fragranza primaria può essere preservata soltanto da cotture semplici e rapide. Questo, in breve, l’atout vincente della cucina italiana che è riuscita a sedurre, almeno secondo un recente studio sui nuovi orientamenti, le tavole dei reali del vecchio continente.
Messi al bando vol au vent ripieni e “grandes complications”, i buongustai dal sangue blu preferiscono la dieta mediterranea, giudicata oltretutto tonica e salutare, che richiamandosi alla tradizione povera e contadina, fa si’ che i sapori si esprimano liberamente, senza trucchi o artifici, ed è quindi la più fedele alla lezione della natura.
Un’altra indagine interessante Demos-Coop apparsa qualche tempo fa su Repubblica dimostra che il cibo non è solo abitudine quotidiana o una semplice necessità, ma molto di più: occasione di aggregazione sociale, attività “turistica”, operazione intellettuale di recupero dei valori perduti (vedi il successo di Slow Food), cultura critica che genera anche una maggiore coscienza etica con crescente attenzione alla sicurezza alimentare, in particolare al commercio biologico, e conseguente boicottaggio di tutto ciò che non è naturale.
Ma nella sua essenza più pregnante il cibo resta un piacere puro a cui la società moderna, sazia e ormai affrancata dal bisogno, guarda con un edonismo esasperato che talvolta trascende nell’idolatria creando un vero e proprio culto pagano del cibo, elevato a divinità olimpica, accessibile solo a pochi adepti. Ossia quei fortunati che possono permettersi il lusso di acquistare caviale, tarfufo bianco, foie gras e crostacei per la loro tavola e soprattutto per la loro vanità.
Sul banco degli imputati come al solito la televisione, colpevole secondo i suoi più accaniti detrattori di aver contribuito alla spettacolarizzazione smodata del cibo. In realtà a nostro avviso programmi come La prova del cuoco, considerata la magnitudo degli ascolti, hanno il merito di rendere il tema della cucina accessibile a tutti e di divulgare la cultura della qualità e del suo reale mercato.
Un altro indubbio effetto positivo è la possibilità per le giovani leve di mettersi in luce e dimostrare il proprio talento, senza per questo incorrere nella sovresposizione mediatica dei soliti noti. Più ambigua la posizione delle guide gastronomiche le quali, con i loro verdetti inappellabili, decidono le sorti finanziarie e professionali degli chef fino ai casi estremi, come quello di Bernard Loiseau, novello Apicio, suicidatosi per l’onta insopportabile di aver perduto la terza stella Michelin.
I sociologhi se la spassano studiando un nuovo tipo umano votato alla mistica del cibo, ai canali satellitari tematici, alle riviste patinate che diffondono il nuovo verbo culinario dimenticando, senza un filo di autoironia, che l’agnello è d’oro solo se è grigliato a dovere nel piatto e non quando è assiso sull’altare sopra una massa di fedeli fanatici e adoranti. Ai posteri come sempre l’ardua sentenza, a noi il piacevole compito di stare a tavola magari ascoltandoci e sbirciando alla nostra stessa immagine riflessa nello specchio per non perdere mai di vista la sagoma caricaturale del ridicolo in agguato nell’ombra.
Pellegrinaggi golosi
Antica Osteria del Ponte
Piazza G. Negri, 9. Cassinetta di Lugagnano (MI)
Chef Ezio Santin
Piatto consigliato: risotto al radicchio
trevigiano all’aceto balsamico in salsa
di gorgonzola di Abbiategrasso
D’O
Via Magenta, 18. Loc. San Pietro all’Olmo. Cornaredo (MI)
Chef Davide Oldani
Piatto consigliato: sfoglia di piedino
di maiale con salsa alla diavola
e cappesante arrosto
Al Sorriso
Via Roma, 18. Soriso (NO)
Chef Luisa Valazza
Piatto consigliato: ravioloni verdi
con formaggi delle valli ossolane al burro d’alpe aromatizzato alla maggiorana
Il Pescatore
Loc. Runate, 17. Canneto sull’Oglio (MN)
Chef Nadia Santini
Piatto consigliato: tortello di ricotta,
pecorino e parmigiano
Le Calandre
Loc. Sarmeola – Viale Liguria, 1. Rubano (PD)
Chef Massimiliano Alajmo
Piatto consigliato: maialino da latte al forno con polvere di caffè e salsa di senape
L’Ambasciata
Via Martiri di Belfiore, 33. Quistello (MN)
Chef Romano Tamani
Piatto consigliato: la faraona del Vicariato
Gambero Rosso
Piazza della Vittoria 13. San Vincenzo (LI)
Chef Fulvio Pierangelini
Piatto consigliato: pesce San Pietro
con ketchup di peperoni
Vissani
SS 448 Todi-Baschi KM 6,600 fraz Civitella del Lago. Baschi (TR)
Chef Gianfranco Vissani
Piatto consigliato: piccione ai porcini
con crudo di piccione e salsa di pomodori arrosto e gorgonzola.
Antonello Colonna
Via Roma, 40. Labico (ROMA)
Chef Antonello Colonna
Piatto consigliato: diplomatico crema
e cioccolato con caramello al sale grosso
Don Alfonso 1890
Corso Sant’Agata, 11. Sant’Agata
sui Due Golfi (NA)
Chef Alfonso Iaccarino
Piatto consigliato: Vesuvio di rigatoni
La Torre del Saracino
Loc. Seiano. Via Torretta, 9. Vico Equense (NA)
Chef Gennaro Esposito
Piatto consigliato: zuppa tiepida di ricotta di fuscella con triglie e ricci di mare
(pubblicato su Aroma di maggio/giugno 2007)