Zuccherino, carnoso, voluttuoso, il fico è uno dei frutti più dolci e golosi che esista in natura. E pure uno tra i più selvaggi. Anche se la pianta la si incontra un po’ ovunque, ai margini di strade, giardini e campi coltivati, in realtà non è affatto facile da coltivare. Delicatezza e difficoltà di trasporto tutelano poi la provenienza dei suoi frutti, rendendoli quasi una rarità, godibile solo in determinati periodi dell’anno: c’è il fico di giugno, il cosiddetto “fiorone”, tondeggiante e verde, di dimensioni maggiori, ma dal gusto neanche lontanamente paragonabile al vero fico, quello settembrino o fornito, maturato lentamente al sole estivo (anche se quest’anno le piogge ne hanno fatto una rarità) e per questo in grado di regalare la massima espressione della sua dolcezza.
Un tesoro per pochi che abbiano una pianta nelle vicinanze, quindi, perché, anche senza l’aiuto della mano addomesticatrice, sa regalare frutti zuccherini e nutrienti in abbondanza.
Proprio per questa sua generosa spontaneità, il fico rappresenta uno dei frutti di consumo più antico, certamente apprezzato in tempi romani, se non già in era preistorica. Plinio, Catone, Columella, nei loro testi sull’agricoltura e la campagna, parlano infatti di questo prelibato frutto, molto ricercato per il suo gusto dolce, equiparabile all’epoca solo a quello del miele, che gli valeva quindi un posto di riguardo tra i cibi sani e salutari nella lista del medico latino Galeno. Prezioso era anche il latte della pianta del fico, utilizzato in alternativa al siero del cardo o del carciofo, come cagliante per fare il famoso Caciofiore, un formaggio apprezzato ancora oggi, soprattutto in caso di diete vegetariane, della cui lavorazione parla dettagliatamente Columella nel suo “De Re Rustica”.
Oltre alla sua intrinseca gradevolezza a livello sensoriale, il fico è anche valido complemento di una dieta sana ed equilibrata, vantando dalla sua un ricco contenuto di zuccheri semplici, sali minerali (potassio, ferro, magnesio), vitamina A e C, cui si sommano proprietà diuretiche, lassative, antimicrobiche, tonificanti, gastroprotettive e antianemiche, per un valore energetico di circa 74 kcal per 100 gr.
Se da fresco non si può resistere alla succulenza della sua polpa, diversamente non si può fare con la croccante dolcezza del frutto essiccato. Date appunto le difficoltà di conservazione, un grande successo è sempre spettato anche al frutto secco, colto in primavera e lasciato asciugare al sole per mesi, prima di essere cotto in forno; oppure alle dolcissime composte e confetture, caratterizzate da grande densità e compattezza anche senza l’aggiunta di conservanti ed addensanti.
Che sia fresco, secco o in confettura, la cosa certa è che, oggi come allora, il fico va ad arricchire le mense domestiche e dei grandi ristoranti, da solo o in abbinamento, in preparazioni agrodolci creative ed originali. Tante sono le ricette a lui dedicate, che lo vedono protagonista o contorno a pietanze anche di grande pregio. A Roma, la ricetta più tipica è senz’altro il connubio perfetto che si crea tra la pizza bianca romana, alta, un po’ unta e con i suoi grandi cristalli di sale, farcita di prosciutto e fichi interi, capace di generare un tripudio di consistenze e sapori contrastanti: una vera delizia! Che dire poi dell’abbinamento gourmet con la carne d’anatra o con il foie gras, di cui riprende ed amplifica la sottile dolcezza, con i formaggi stagionati piccanti o con la cioccolata e magari un bicchierino di rum… Insomma, dici fico e subito è in agguato il peccato di gola. Sarà per questo che Adamo ed Eva usarono proprio la foglia di questa pianta per coprirsi nell’Eden delle delizie?
di Flavia Rendina