Raccogliere il frutto del fico d’India è un problema davvero “spinoso”: tondo e pieno di aculei, sembra volersi concedere solo a chi lo merita. La sua polpa succosa è ricca di vitamine, compatta e piena di piccoli semi. Durante una passeggiata nelle campagne della Sicilia, non c’è nulla di più facile che imbattersi nella sua inconfondibile sagoma. Anche se ormai questa pianta è diventata il simbolo di una Trinacria arcaica e assolata, l’Opuntia ficus-indica è in realtà originaria del Centro America. Cristoforo Colombo ne riportò alcuni esemplari in Spagna e ben presto i Conquistadores ne piantarono alcuni esemplari nell’isola, dato il clima caldo e asciutto favorevole alla pianta.
Per la sua straordinaria capacità di svilupparsi anche in presenza di poca acqua, il fico d’India si rivela una pianta di enormi potenzialità per l’agricoltura e l’alimentazione dei paesi aridi in cui cresce. In Italia il 90% della superficie coltivata a fico d’India è localizzata in Sicilia, il rimanente 10% in Puglia, in Calabria ed in Sardegna. La pianta del fico d’India è un po’ come il maiale, non si butta niente.
I vecchi contadini utilizzavano le pale, più propriamente chiamate cladodi, come supporto per la coltivazione di altre piante: disarticolate e avvizzite al sole estivo, nel marzo seguente, venivano disposte semicurve dietro le piantine dei pomodori e servivano da rudimentale sistema di protezione. Oppure, affettate, potevano diventare concime per i terreni poveri: poste al fondo delle buche prima della piantagione, assicuravano l’umidità necessaria alla coltivazione di piante meno resistenti.
Non tutti sanno che anche le pale sono commestibili. Possono essere mangiate fresche, in salamoia, sottaceto, candite, sotto forma di confettura. Una ricetta facile facile? L’insalata di pale di fico d’India: Pulite dalle spine e dalla buccia, che è cerata (per trattenere l’evaporazione), una pala di fico d’India, tagliatela a pezzi e lasciatela scottare qualche minuto in acqua bollente salata con un po’ di cipolla dentro. Quindi scolatela e, una volta raffreddata, aggiungete i pomodori a pezzi, il coriandolo tritato ed i peperoncini spezzettati. Condite con olio e sale e servite.
La cultura rurale sfruttava le pale anche a fini medici: spaccate ed infornate venivano usate per curare tonsilliti, febbri intermittenti e malariche. A primavera il fico d’India fiorisce e sulle pale è un tripudio di petali gialli. L’infuso dei fiori, raccolti ed essiccati, ha un effetto depurativo, facilita la diuresi e la pulizia dei reni; unito alle foglie di malva il decotto diventa una pozione rinfrescante. Ma la vera leccornia è il frutto. Cresce durante l’estate sulle estremità delle pale e tra agosto e settembre è pronto.
Ci sono varietà di fico che si riconoscono per il colore della buccia e della polpa, come la “sanguigna” (rossa), la bianca (verde molto pallido), la “muscaredda” zuccherina e la “sulfarina” (gialla), la più comune e resistente. Gli “agostani” sono i fichi che maturano nel mese di agosto, riconoscibili per la loro dimensione contenuta, e i tardivi sono chiamati bastardoni o meglio “scuzzulati”, più grossi e succulenti, che sopravvengono a maturazione sul finire di settembre.
E’ un frutto ricco di calcio, fosforo e vitamina C ed è astringente: per questo va mangiato in quantità moderata e accompagnato da pane per impedire ai semi di conglobarsi nell’intestino. La gastronomia, specie quella siciliana, adora il fico d’India. Sono deliziose le conserve, ma la vera particolarità è la “mostarda”. La ricetta tradizionale prevede che i fichi d’India vengano bolliti e passati fino a diventare una sorta di vellutata. Va poi aggiunto del mosto di vino e l’amido. Si rimette il tutto a bollire fino a completa cottura, dopodiché si versa il composto nelle formelle di terracotta e si lascia asciugare al sole.
E’ un prodotto tipico delle località di tutto il catanese, di Piazza Armerina (EN) e di Santa Margherita Belice (AG). A Militello in Val di Catania si svolge ogni anno ad ottobre la tradizionale sagra della mostarda e del fico d’India: tre giorni densi di eventi in cui tutta Militello si addobba dei suoi colori autunnali mentre il profumo della caratteristica mostarda si spande per l’aria deliziando gli abitanti ed i visitatori.
Sono molte le sagre del fico d’India in Sicilia, tutte tra settembre ed ottobre, come la sagra di Scandale, “i ficundiani i Scandali”, che si svolge tutti gli anni la seconda domenica di settembre. In tale occasione è possibile degustare tutte le qualità del frutto e le specialità artigianali: dal risotto ai biscotti, dalle crostate ai gelati, dalle marmellate ai liquori. Invece a Bernalda (MT) in Basilicata, si prepara il tradizionale cotto di fichi d’India, ottenuto portando ad ebollizione per molte ore il succo dei fichi, fino ad ottenere uno sciroppo molto concentrato a cui vanno aggiunte essenze naturali come i chiodi di garofano.
Una curiosità: come si sbuccia il fico d’India? Occorre tenerlo fermo con la forchetta; con un coltello ben affilato si tagliano le due estremità e si incide per la lunghezza; poi si fa “rotolare” sulla sua stessa buccia. A proposito di bucce, qualcuno in Sicilia cucina ancora le tradizionali scorze fritte e panate, mentre il liquore, che prima veniva preparato in casa, è ormai un prodotto industriale largamente esportato. Altrettanto nota e gustosa è la “frutta di martorana”, deliziosi dolcetti di marzapane a forma di frutta tra cui per vivacità di colore e forma spicca il fico d’India.