Caro Kotaro, ti chiedo una breve presentazione fai-da-te, con una manciata di parole: raccontaci le origini della tua passione, le tue principali esperienze professionali.
Ho iniziato a lavorare nel ristorante italiano di Gualtiero Marchesi a Kobe. La mia fortuna è stata quella di incontrare Enrico Crippa, il mio primo chef, che mi ha insegnato a guardare sempre in alto e a non abbassare mai la guardia. E’ stato lui che mi ha trasmesso la passione per l’alta cucina. Grazie a lui sono riuscito a fare numerose esperienze che mi hanno motivato e stimolato nella mia ascesa verso la conquista della stella, arrivata quando ero a capo della cucina del ristorante Enoteca La Torre a Viterbo. Ora sono executive chef del ristorante Magnolia a Roma e sono sicuro che qui continuerà la mia crescita professionale grazie alle straordinarie potenzialità del Jumeirah Grand Hotel Via Veneto e di questa splendida città.
In una recente intervista affermi: “La cucina italiana e giapponese sono fatte per stare insieme, gli incroci riescono in particolare nei dolci” . Vedi, aggiungiamo noi, alcune prove golose esemplari come il Mont Blanc di ceci o il tiramisù al tè verde o con la crema di fagioli del Purgatorio, ormai diventati dei tuoi classici. Nel tuo caso si parla addirittura di cucina “nippo-viterbese”… Vogliamo approfondire insieme l’argomento?
L’unione fra queste due cucine è stata naturale dato che le mie origini giapponesi entrano necessariamente anche nei miei piatti. Mi piace molto la cucina italiana e ho deciso di conoscerla a fondo ma la cultura nipponica fa parte di me e mi viene spontaneo inserirla nei piatti che creo.
In un altro contesto sostieni ancora: “Non tradire mai la materia prima, usa tutti i sensi per cucinare”. Quali sono gli altri comandamenti in cucina?
Credo che bisogna sempre pensare prima di tutto alla soddisfazione dei clienti e non a quella dei cuochi.
Come nasce un tuo piatto: sperimentazione (scientifica) o folgorazione (emozionale)?
I miei piatti nascono da entrambe, ma alla base c’è sempre la mia esperienza.
Quali sono attualmente le tue ricette di punta? E i punti di forza del Magnolia?
Le ricette sulle quali puntiamo sono quelle che prevedono, fra gli ingredienti, i legumi, il baccalà, il piccione, il pesce fresco e la frutta secca, il tutto unito a studiate presentazioni dei piatti. Il punto di forza del ristorante è l’armonia fra i vari elementi tra cui l’ambiente, la cura nei piatti, la scelta delle materie prime, l’attenzione nel servizio e la passione dello staff.
Un ingrediente indispensabile nella tua cucina, o che trovi divertente trattare. Ed un utensile o uno strumento di cui non puoi fare a meno?Nella mia cucina non può mancare l’olio di oliva extra vergine anche se il reparto che mi diverte di più è senz’altro la pasticceria. Per quanto riguarda le attrezzature non posso fare a meno dei coltelli giapponesi. Un tuo trucco o segreto in cucina. Anche se non tutti ci crederanno, il mio segreto per un buon ristorante gourmet è la semplicità.
Illustraci il tuo personale concetto di creatività.
La mia creatività è legata sicuramente al concetto di personalità che metto in ogni mio piatto.
Hai un’assaggiatore/rice di fiducia?
Ogni ragazzo che lavora in cucina assaggia i piatti che prepara prima che escano in sala.
Cosa pensi in generale delle “medaglie” gastronomiche, hanno sempre un rovescio secondo te?
Sicuramente i riconoscimenti professionali rappresentano uno stimolo per superare se stessi e fare sempre meglio.
Quali sono a tuo parere gli aspetti più pesanti o impegnativi dell’attività di uno chef?
Credo che la difficoltà maggiore stia nel coniugare la vita personale con il lavoro che richiede il dispendio di molte energie. Inoltre quando si raggiunge una certa fama a livello professionale le aspettative aumentano e diventa più complicato avere la stessa vita e la stessa privacy dato che sei visto con occhi diversi.
Un collega che guardi con ammirazione e di cui stimi in particolare il lavoro.
Enrico Crippa.
Infine un desiderio che vorresti esaudire, umano o professionale.
Mi piacerebbe avere miei allievi in Italia.
Gelato al tè verde e Dorayaki di lenticchie
DORAYAKI: 3 uova, 150 gr di zucchero, 10 gr di miele, 160 gr di farina, 2,5 gr di bicarbonato, 250 ml circa di latte. Mescolare tutti gli ingredienti ad eccezione del latte. Aggiungere il latte alla fine lentamente finché il composto non risulta liscio, ma non troppo liquido.
MARMELLATA DI LENTICCHIE: 200 gr di lenticchie, 550 gr di zucchero. Far bollire le lenticchie in acqua e coprire, a fuoco vivace. Scolare non appena l’acqua arriva ad ebollizione. Aggiungere alle lenticchie dell’acqua fredda, abbassare il fuoco e attendere che le lenticchie siano cotte, schiumando quando serve. A bollore, aggiungere lo zucchero e cuocere 30 minuti. Passare nel frullatore e filtrare nello chinoise a maglie fini. Mettere il composto ricavato a cuocere a fuoco basso girando frequentemente fino a raggiungere una purea densa.
GELATO AL TE’ VERDE: 800 ml di latte, 200 ml di panna, 180 gr di tuorli d’uovo (12), 220 gr di zucchero, 30 gr di tè verde. Portare ad ebollizione latte e panna, spegnere il fuoco e mettere in infusione il tè per 30 minuti. Filtrare e aggiungere zucchero e tuorli sbattuti, e portare a 82C°. Servire.
di Manuela Monteforte
(Pubblicato su Maggio/Giugno 2012)