C’era un tempo in cui le bustine di carta grezza contenenti una poltiglia scura, polverosa e di dubbio beneficio venivano snobbate, abbinate alle antichissime tradizioni orientali e alla puntualità pomeridiana degli inglesi; oggi sorseggiarne una tazza è considerato un rito quasi liturgico di indubbio fascino. Da qualche anno a questa parte, la bevanda più diffusa al mondo dopo l’acqua è stata rivalutata da un pubblico unisex giovane e adulto, riscoperto prima dagli uomini e poi dalle donne, che non la considerano come la bibita anonima di una colazione volante, ma come una rigenerante pausa con se stessi. Lo sa bene la grande esperta Francesca Natali, che da molti anni studia le tradizioni del rito nel mondo, le assapora, le elabora e le documenta nel suo blog di tea stylist. Autrice di testi di successo dedicati all’argomento, come la piccola bibbia in cui racchiude tutti i segreti del tè, si occupa di trasformare ogni pomeriggio la Food Hall della Rinascente in piazza del Duomo in un vero tempio della degustazione. Poco lontano, la Cook & Books Academy organizza seminari che trattano di tè e lifestyle, per sottolinearne l’importanza nella società moderna, spiegandone le origini e raccontando le usanze, da quella giapponese del Cha No Yu a quelle marocchine che esaltano il Gunpowder. Stop al tè come semplice rimedio naturale in caso di malessere: se rilassa, depura, drena e fa vivere più a lungo, non è considerabile come un’insipida bevanda da trascurare. Poiché se ne contano tantissimi generi ed è spesso difficile saperne riconoscere il valore, esistono varie Tea Association, sorte per educare ad una perfetta sintonia con le foglie di tè. I corsi di queste scuole si occupano di formare tutti coloro che vogliono avvicinarsi professionalmente all’affascinante mondo della teina, cominciando dagli operatori di sala, al Tea Sommelier, fino al Tea Taster, Tea Trader e Maestro di Cerimonie. Molto di più che momento five ‘o clock, il tè sta diventando perfino oggetto di ricerche da parte dei grandi chef per accompagnare sia i sapori dolci che salati: per Heinz Beck le foglie di Earl Grey (una varietà di tè nero aromatizzato al bergamotto) sono ottime per affumicare il pesce, ne è la prova l’ostrica affumicata al tè Earl Grey con crema di zucca e aria di prezzemolo, mentre il tè verde Sencha infuso a freddo è protagonista dei suoi salutari cocktail con zenzero e lemongrass. Molti altri chef hanno racchiuso nelle loro ricette l’essenza delle foglie sacre: allo scorso Taste of Milan, Lorenzo Santi ha elaborato uno spaghettone nero in carbonara di mare affumicata con tè Lapsang Souchong e uova di salmone, mentre il 100% tea-friendly Andrea Berton propone svariati piatti a base di teina, tra cui il rombo alla plancia con melanzana, cacao, nocciola, origano e maionese alla brace con tè Oolong.
Se nel vino c’è verità e passione, il tè purifica il corpo e lo spirito, allontanando tutti i rumori del mondo. Liquidi così differenti tra di loro, hanno una caratteristica in comune: ambedue non possono essere consumati grezzi; le foglie delle piante da tè devono essere abilmente lavorate, così come un acino d’uva non può sostituire un bicchiere di vino. Mentre quest’ultimo ci concede di trovare la sincerità del nostro essere, il tè è la sponda pensierosa per chi vuole godersi qualche attimo di pace con se stesso.
Prima dell’arrivo del tè, gli Inglesi consumavano due pasti al giorno, la prima colazione e la cena, durante i quali la bevanda principale era la birra. Durante il 1600 le abitudini cominciarono a cambiare: grazie alla Compagnia Olandese delle Indie Orientali, il tè divenne una bevanda di gran moda in tutta l’Europa, surclassando il caffè ed entrando pienamente nella vita degli Inglesi, sia a corte che tra il popolo.
Tre erano i momenti dedicati al tè. Quello del mattino, noto anche come “Elevensies”, era uno snack leggero consumato a metà mattinata, che consisteva nell’accompagnare una tazza con torte e biscotti burrosi.
Fu la Duchessa di Bedford, verso la fine del ‘700, ad inventare il secondo: l’Afternoon Teatime. Questa pausa riempiva il vasto lasso di tempo tra il pranzo leggero delle 12 e la cena, ricca e sontuosa: verso le 17 ci si concedeva un break fatto di tortine, pane, burro, dolci assortiti e, naturalmente, tè.
L’High Tea, invece, era il pasto serale che sostituiva la cena. Nato dai costumi delle classi operaie nel periodo vittoriano, durante la rivoluzione industriale, quando gli uomini tornavano a casa stanchi dal lavoro, questo spuntino veniva apparecchiato sul tavolo da pranzo, più alto del tavolino da tè, da cui il termine high (alto) e consisteva solitamente nell’accompagnare una portata di carne con panini, sottaceti, formaggi e una buona dose di teina bollente.
Testo e foto di Eleonora Vasco (pubblicato su AROMA novembre/dicembre 2012)