Aroma incontra Chiara Pugina*, esperta dell’art de boire e di champagne, il vino più affascinante del mondo, protagonista assoluto della tavola gourmet.
Gentile Chiara, qual è il tratto distintivo delle bollicine francesi rispetto a quelle italiane? In altre parole, in che cosa si differenzia sostanzialmente un Franciacorta da un suo omologo d’oltralpe?
Partiamo dalle affinità, in entrambi i casi ci troviamo di fronte a due eccellenze vitivinicole mondiali, dove indistintamente l’accuratezza del lavoro in vigna e la sapienza dell’uomo che accompagna i processi di fermentazione giocano un ruolo determinante per la qualità finale. Ai francesi spetta certamente il primato della scoperta e del perfezionamento delle tecniche ma al giorno d’oggi, come accade per altri vini che partono dalla stessa varietà di uva, la differenza sostanziale possiamo ricondurla all’ambiente climatico in cui crescono, al territorio che ne influenza le caratteristiche, che poi si rivelano nel bicchiere. A quel punto entra in gioco il gusto personale.
Da esperta e raffinata conoscitrice di pérlage, come spieghi la longevità dello Champagne? Mi riferisco, ad esempio, al carico di Veuve Cliquot recuperato nel mar Baltico tempo fa e ancora perfettamente preservato dopo un riposo di oltre cent’anni in fondo al mare (!)
Il ritrovamento di queste bottiglie in fondo al mare è un caso davvero fortuito e al tempo stesso sorprendente perché dopo tutti quegli anni, nell’eccezionalità del modo in cui si sono conservate, il vino si è dimostrato anche bevibile. Questo recupero ha infatti spinto da qualche anno alcuni produttori, compresa la stessa Veuve Cliquot, a sperimentare e studiare nuovi metodi di invecchiamento a decine di metri sott’acqua. Penso ne sentiremo parlare ancora. Nelle modalità di conservazione usuali in una cantina, la longevità è la naturale conseguenza dell’affinamento sui lieviti della fermentazione in bottiglia, un processo molto lento che richiede tempi molto lunghi e condizioni specifiche ottimali, come ad esempio una certa temperatura e tasso di umidità, necessari per assicurare anche la raffinatezza del pérlage stesso e una tessitura di grande finezza gustativa. Se tutte queste vengono rispettate, a patto che si parta sempre da una elevata qualità dell’uva al momento del raccolto, non c’è da meravigliarsi di poter gustare un millesimo anche lontano nel tempo.
Come riconosce il neofita uno Champagne di qualità senza affidarsi esclusivamente al listino?
Onestamente non ho mai considerato il costo un indicatore definitivo di qualità, anche prima di iniziare i miei studi da sommelier, al momento dell’acquisto di una bottiglia, facevo domande più o meno pertinenti per trovare un particolare che catturasse la mia attenzione e mi spingesse a scegliere, non conoscendola, un’etichetta piuttosto che un’altra. Oggi ci sono ottime guide, riviste e blog online che semplificano questa scelta, basta essere curiosi e non limitarsi ai soliti vini noti, ma assaggiare anche i prodotti dei piccoli produttori, possibilmente rivolgendosi alle enoteche dove la passione per le bollicine si capisce dal primo sguardo agli scaffali ad esse dedicati.
Il Prosecco (metodo Martinotti non classico, e le cui colline sono da poco patrimonio dell’Unesco NDR) è il vino più popolare al mondo, qual è la ragione secondo te, di questo fenomeno di successo, è solo una questione di prezzo?
Per prima cosa direi semplicemente perché un Prosecco ben fatto è buono! Non penso sia solo una questione di prezzo, anche chi spende poco immagino desideri gustare qualcosa che comunque lo soddisfi. Gli altri fattori che hanno certamente contribuito al suo globale apprezzamento li ritroverei piuttosto nella grande bevibilità, una gradazione alcolica contenuta e un corredo aromatico delicato, uniti ad una effervescenza gradevole e poco esuberante.
Qual è un prodotto a tuo avviso particolarmente interessante per il rapporto qualità/convenienza?
Grazie alla bellissima opportunità che ho avuto di prendere parte alle degustazioni per una importante guida dedicata agli Champagne, negli anni ho scoperto decine di piccoli vigneron e nuove maison, e ogni volta che assaggio il loro vino mi emoziono come la prima. Sarebbe ingiusto segnalarne solo uno, la lista è davvero lunga ma, come dicevo, fortunatamente in Italia ci sono molte enoteche che valorizzano anche questi prodotti meno conosciuti.
E una bottiglia dei sogni, quella da stappare almeno una volta nella vita?
Ahimè nei miei sogni le bottiglie sono sempre tante, però negli ultimi anni anche io, come ovviamente i moltissimi esperti e appassionati di Champagne, ho amato molto i millesimi 2002 e 2008, per cui senza dubbio direi che il sogno è assicurato stappando indistintamente le Cuvée Winston Churchill di Pol Roger e i vintage di Dom Perignon e Cristal.
Oltre gli abbinamenti classici e ormai superati come possiamo osare con lo Champagne? Qual è il suo punto di forza a tavola? Pur essendo un vino versatile, a tutto pasto, quali sono le sue occasioni di consumo più indicate?
Un’altra delle mie grandi passioni è la cucina e mi cimento spesso con gli abbinamenti per divertirmi a casa, oltre che durante le docenze ai corsi di sommelier dove ho il privilegio di insegnare. Lo Champagne è davvero molto versatile e, grazie alle sue diverse tipologie più o meno secche o con un gradevole residuo zuccherino, si riesce ad abbinare tranquillamente dall’antipasto fino al dessert. L’unica raccomandazione, con quest’ultimo soltanto bollicine dolci.
A proposito dello Champagne c’è ancora qualcosa – anche di irriverente o scorretto – che non è mai stato detto? Oppure un luogo comune da sfatare?
Mi capita ancora di sentir dire che bottiglie di Spumante o Champagne siano state aperte solo perché motivati da un festeggiamento o da un evento particolare, ma per me in realtà è il contrario, aprire una buona bottiglia è già di per sé un momento di festa! Perciò sfaterei proprio questo luogo comune di relegare lo Champagne solo alle occasioni speciali, perché oggi, per fortuna, abbiamo una grande scelta di ottime etichette, anche a prezzi accessibili, che possono soddisfare le curiosità dei molti appassionati.
Puoi svelare ai lettori un segreto-non segreto sullo Champagne?
In Champagne, subito prima della tappatura finale, si rabboccano le bottiglie in conseguenza dell’eventuale perdita di vino con il dégorgement. Tradizione vuole che la ricetta di questo “liquer de dosage”, contenente o meno anche lo zucchero che poi diversificherà le sue tipologie, venga custodita gelosamente come un segreto prezioso, a volte anche tramandato da generazioni, che contraddistingue la personalità e lo stile della maison.
Infine la domanda conclusiva di rito: qual è la bottiglia perfetta? E il perfetto servizio?
Non sempre la bottiglia perfetta è quella che sogni di poter bere e poi arriva il giorno che finalmente la stappi, perché molto spesso può capitare che un acquisto o un assaggio casuali possano trasmettere un’emozione ancora più inaspettata. La parte più bella per chi è appassionato di vino, a mio avviso, è proprio il piacere della scoperta, dove la ricerca della perfezione è un obiettivo in continua evoluzione… per fortuna! Per un servizio perfetto, come dettato dalle regole della Sommellerie, dobbiamo fare attenzione soprattutto per la temperatura del vino al momento della degustazione, ovvero tra gli 8° e i 10° C, e all’utilizzo di un calice che possa valorizzarlo, quindi a tulipano, meglio se un po’ panciuto e alto per favorire l’ascesa delle bollicine che aiuteranno gli aromi a esprimersi a nostro beneficio.
*Sommelier, Master Class e Degustatore Ufficiale dell’Associazione Italiana Sommelier; docente ai corsi professionali e amatoriali di Sommelier per Riserva Grande, delegazione romana della Scuola Europea per Sommelier. Fa parte della commissione di degustazione delle guida “Le migliori 99 Maison di Champagne”, edita da Edizioni Estemporanee e della commissione di degustazione della rivista on-line “LaVINIum” specializzata nel settore enogastronomico.