Accade in cucina che alcuni pregiudizi o tabù, specie se provenienti da culture monolitiche, si dimostrino particolarmente resistenti alla novità e duri a morire… Prendiamo ad esempio il caso del pesce e del formaggio, due alimenti apparentemente inconciliabili almeno secondo una legge non scritta che in Italia, dalla fine della guerra in poi, considera addirittura un’eresia maritare i prodotti ittici a quelli caseari. Da un punto di vista strettamente organolettico è infatti convinzione radicata che il sapore delicato del pesce venga annichilito da quello più forte e marcato del formaggio. Eppure è innegabile che i prodotti di genere non sono tutti uguali, in quanto esistono cibi di mare dal sapore deciso (come le ostriche o le sardine) al pari di formaggi delicati (vedi la ricotta o la mozzarella), così che alcuni di questi si combinano perfettamente fra loro. Quali sono dunque le ragioni oscure all’origine di questo divieto?
A parte il carattere fortemente conservatore della tradizione culinaria italiana, caparbiamente uguale a se stessa, un altro motivo per cui pesce e formaggio non vanno d’accordo potrebbe essere di natura geografica: il pesce infatti nel passato si mangiava perlopiù nelle zone costiere, mentre il formaggio era retaggio dell’entroterra contadino. Anche se, a parziale smentita di quanto appena detto, alcuni formaggi come la mozzarella di bufala e il pecorino romano vengono tuttora prodotti in zone vicino al mare, come in Lazio, nell’Agro Pontino, profumato di salsedine. Non è dunque una sorpresa se nel ricettario di Roma e dintorni, analogamente a molti altri paesi come la Grecia (la feta sposa i gamberi o lo sgombro), Francia (le cozze vanno a nozze con il formaggio fuso, la bouillabaisse con la gruyère), Stati Uniti (tuna melt sandwich con tonno e formaggio cheddar, astice al formaggio), Brasile (California Rolls con formaggio fresco spalmabile), sono presenti alcuni piatti in cui l’abbinamento pesce-formaggio, tutt’altro che azzardato, risulta al contrario vincente. Basterebbe pensare a un classico connubio praticamente perfetto come pane, burro e alici per sfatare una volta per tutte questo assurdo pregiudizio.
I menù di molti ristoranti regionali italiani, in particolare siciliani e romani, anche stellati, annoverano fra le specialità di punta alcune prelibatezze giocate proprio sulla sintesi fra la sapidità iodata e la dolcezza dei latticini: dai fiori di zucca ripieni di mozzarella e alici, piatto forte della tradizione capitolina, le linguine con cozze e pecorino (o ricotta affumicata), il polpo con pecorino, il baccalà con fonduta di formaggio, le polpette di tonno (con impasto di parmigiano) fino ad arrivare all’imitatissimo cacio e pepe con gamberi bianchi e lime di Heinz Beck (3 stelle Michelin) o il riso nero con lenticchie, formaggio erborinato e nero di seppia di Anthony Genovese (2 stelle Michelin) e molte ricette innovative di Oliver Glowig (2 stelle Michelin).
Attenzione però a non strafare esagerando con gli accoppiamenti: se per i puristi gli spaghetti alle vongole con il parmigiano (magari per ottenere l’indispensabile “cremina”) restano un autentico orrore gastronomico è altrettanto vero che, al di là dei luoghi comuni, la sperimentazione intelligente e sensibile dei contrasti mediterranei può portare alla scoperta di nuovi allettanti orizzonti del gusto.